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Lo cual, por lo demás, es verdadero también para el Brocense, cfr. Libro IV, 1.

 

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Si bien en la actualidad la expresión «estructura profunda» ha sido abandonada en favor de la más precisa «indicador sintagmático». Cfr. los trabajos de Chosmky a partir de Reflexiones sobre el lenguaje; cfr. Scalise, 1981, pág. XLI (nota 25).

 

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Impracticable -sería necesaria una investigación aparte- es intentar aquí una reconstrucción exacta del concepto de «ratio» en el siglo XVI; no obstante, creo que las pocas y parciales indicaciones aquí ofrecidas pueden ser suficientes para los fines que nos interesan.

 

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Vasoli, 1968, escribe modélicamente: «Termini come ‘empirismo’ o ‘razionalismo’, ‘induzione’ o ‘deduzione’ cosí spesso sprecati nonostante tutte le buone intenzioni, hanno ormai un significato storico ben preciso che esula dai temi e dagli argomenti cari ai dialettici umanisti. Sicché appare perfettamente inutile discettare, come è stato fatto con molta serietà, intorno alle origini di questi atteggiamenti di pensiero, individuate magari in certe pagine di Melantone o di Ramo»; exposición que sirve naturalmente no sólo para los dialécticos, sino también para los gramáticos (pág. 638).

 

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«Questa ondata di ispirazione platonica che traversa tutto il 500, pervadendo il dominio delle lettere e seducendo i poeti non meno dei filosofi, era ben lungi da ogni intolleranza antiaristotelica. L’Aristotele della Nicomachea, che celebrava ultima perfezione dello uomo il puro contemplare, si accordava perfettamente con la contemplazione platonica» (Garin, 1975, págs. 148-149).

 

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A propósito de Pomponazzi y de su modo de explicar las «differenti specie di predizioni e di fenomeni miracolosi» relativas a la astrología y a la magia, escribe E. Cassirer: «Questa verità [de los fenómenos] gli sembra garantita dall’esperienza, e quest’ultima il filosofo critico deve semplicemente accoglierla, senza modificarne il contenuto» (Cassirer, 1974, pág. 165).

 

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Para cerrar este intento parcial de contextualización del concepto de «ratio», me gustaría -se me excusará el vicio ecléctico y la larga cita- proponer en las palabras de Cesare Ripa la representación iconológica que precisamente de la razón tuvo el siglo XVI (la primera edición de la Iconología de Ripa es de 1599, pero evidentemente recoge la problemática total del siglo XVI):

«RAGIONE.

Una giovane, armata, con la corona d’oro in capo, et le braccia ignude, et nella destra mano tenga una spada, et con la sinistra un freno, col quale affrena un Leone, sarà cinta d’una candida benda, dipinta tutta con note d’Arithmetica.

Questa virtú è domandata da Theologi forza dell’Anima, per essere la Regina, che da le vere et legitime leggi à tutto l’huomo.

Si dipinge giovane armata, perché è difesa et mantenuta dal vigore della sapienza, si piglia molte volte presso gli Antichi, l’armatura esteriore, come nel significato di Pallade, et in altri propositi.

La corona d’oro, che tiene in testa, mostra, che la ragione è sola bastante à far scoprire gli huomini di valore, et dar loro splendore, fama, prezzo, et chiarezza, ne è cosi singolare l’oro fra metalli, ancorché sia il piú pregiato, che è piú singolare non sia frà le potenze dell’ anima nostra questa, che dimandando Ragione, la quale hà la fede sua nella piú nobile parte del corpo, et ove hà l’anima maggior vigore all’operare.

Per le braccia ignude, s’intendono l’opere, le quali quando hanno principio dalla vera ragione, non hanno macchia, ò sospetto alcuno, che le veli, ò le adombri; talche non si veda immediatamente vera, et perfetta virtú.

La spada è il rigore, che bisogna adoprare alla ragione, per mantenere netto il campo della virtú da vitii predatori de beni dell’anima; et à questo proposito disse Christo Signor nostro, Non veni pacem mittere in terram sed gladium; perche tutta la sua dottrina, non tú ad altro diretta, che à fare la disunione de vitii già invecchiati nell’anima, dalla virtú, per mezzo della ragione illuminata dalla sua gratia.

Il freno in bocca del Leone, ci nota il censo soggiogato, et sottomesso ad essa, il quale per sè stesso, è ferocissimo, et indomito.

Le note di Arithmetica sono poste, perché con queste si fango le ragioni in detta arte, che provano le cose reali, come con la ragione, che stà nell’anima, si prova, et si conosce tutto quello, che appartiene al ben nostro».


(Ripa, 1618, II parte, págs. 436-437)                


 

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Está dividida del modo siguiente: elipsis de los nombres y participios (se ofrecen los nombres y los participios sobreentendidos, desde «acinus» a «uxor»); elipsis de los verbos (relación de verbos sobreentendidos); elipsis de las preposiciones («Praepositionum Ellipsis duabus regulis continetur. Prima: Nullus non ablativus a praepositione pendet; Altera: Accusativus, qui nec sit infinifi suppositum, nec activorum appositum, a praepositione pendet»); elipsis de la preposición en nombres de ciudad, provincia e isla; «de ablativo quem falso absolutum vocant»; elipsis de las preposiciones de instrumento; de las del comparativo y de las de precio; elipsis de a o de en los verbos de abundancia y escasez; elipsis de otras preposiciones; elipsis de adverbios y conjunciones. Sigue después, dentro del libro IV, un examen del zeugma, del pleonasmo, de la silepsis, del hipérbaton y de la antiptosis. Cierran el libro los siguientes epígrafes: «De ellipsi praepositionis, katà, id est, iuxta, vel secundum, vel per»; «unius vocis unica est significatio»; «de analogia significationum»; «exploditur grammaticorum antiphrasis»; «responsio ad quaedam obiecta»; «Lectori»; y finalmente el famosísimo «Qui latine garriunt, corrumpunt ipsam latinitatem».

 

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De este modo, la elipsis es aclarada mejor gracias a una afirmación general de Aristóteles.

 

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«Ridicula vero sunt quae inculcat Valla de unus et solus lib. 3. cap. 67. esse scilicet nomina duo ex natura superlativorum, regereque genitivum... Rectius Thom. Linacer lib. 6. Nomen, inquit cum praepositione deest, ut ante tales genitivos. Animalium, fortiora, quibus est sanguis crassior: subauditur enim de numero, vel ex numero».