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Per un accurato e dettagliato resoconto della vita inglese di Cernuda, si veda il libro di Rafael Martínez Nadal (1983) corredato di un gran numero di lettere inviate da Cernuda all'autore, alle amiche Nieves Mathews e Rica Brown, oltre che al professor Edward M. Wilson.

 

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Dati interessanti sull'approfondita lettura di molti poeti e critici inglesi in questo periodo sono attestati dall'epistolario. Illuminanti, a questo riguardo, sono le lettere al professore anglocolombiano Edward Sarmiento, raccolte da James Valender (1979). Un quadro preciso delle letture inglesi di Cernuda è fornito da Eugenio Suárez-Galbán Guerra (1985). Il ruolo fondamentale che il contatto con la letteratura anglosassone giocò nell'opera di Cernuda, comunque, è messo in luce da alcuni dei suoi più insigni studiosi, quali Octavio Paz (1964), Carlos Peregrín Otero (1963; 1982) e Derek Harris (1973).

 

3

Sulle traduzioni cernudiane dei poeti inglesi, di ottima fattura, pochi critici si sono soffermati: fa eccezione l'analisi puntuale di Bernd Dietz (1979).

 

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Sull'assorbimento cernudiano del monologo drammatico di Browning, noché delle teorie poetiche di Yeats ed Eliot, si concentra John Alexander Coleman nella sua monografía (1969). Confronti tematici stimolanti tra l'ultima produzione di Cernuda e l'opera di Eliot sono stati proposti da Catherine Bellver (1983) e da Fernando Ortiz (1985). Una buona visione d'insieme sull'argomento è in B. Hughes (1988).

 

5

Quanto al «neoromanticismo» di Cernuda, i suoi esegeti continuano a schierarsi su posizioni largamente discordanti. In un ciclo di conferenze lette alla Fundación Juan March di Madrid, Philip Silver ha cercato di fare il punto sulla vexata quaestio sottolineando l'anti-ispanismo del «romanticismo» cernudiano, più vicino, piuttosto, alle correnti filosofiche anglo-germaniche del Sette-Ottocento (1989).

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