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Le fonti sono: un Ms. della Biblioteca Nazionale di Madrid; il Cancionero de Palacio; l'Espejo de Enamorados (è il n. 970 nel Diccionario de Pliegos Sueltos Poéticos (siglo XVI) di Antonio Rodríguez Moñino, Madrid, Castalia, 1970, nuova ed. 1997 a cura di Arthur Askins e Víctor Infantes); e un pliego suelto di Praga (Dicc. Pl. Sueltos, n. 255); in tutti i casi, il testo vi appare d'autore.

 

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Va rilevato peraltro che Sánchez Romeralo, in questo caso eccezionale, bissa i testi, li offre cioè due volte al lettore, una prima volta, «frammentati» nella sezione «popolare» (nn. 1-4), e una seconda volta, inseriti nel contesto originario, nella sezione Popularizante 1.5, ma si tratta di un caso fortunato, giacché per l'immensa maggioranza dei circa 600 testi accolti Sánchez Romeralo non offre in appendice la versione integrale, a documento (né d'altronde lo fa Alín, che taglia e basta).

 

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Come risulta dalle note al Corpus ai nn. 153 e 680, solo due di queste strofette, la 1ª (Aguardan) e la 3ª (Dexadlo), figurano frammentarie in ensaladas di gran lunga posteriori, in raccolte della seconda metà del Cinquecento, una di Fernández de Heredia (che accoglie la prima) e l'altra di Flecha (che cita la terza). Ma, vista anche la distanza temporale dalla prima attestazione e vista la persistente notorietà del Villancico che nel Cinquecento continuava a circolare agevolmente in pliegos sueltos, economici e di vasta divulgazione, nulla impedisce che Fernández de Heredia e Flecha -peraltro colti entrambi- traessero la citazione direttamente dal Santillana.

 

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In alcune delle fonti (cit. supra, nota 10), la versione integrale e ascritta a Santillana, in altre una versione con una strofa in meno è attribuita a Suero de Ribera, altro nome ben noto della poesia cortese del Quattrocento. Ma la diversa attribuzione ora non interessa (e comunque, anche se fosse di Suero de Ribera, sempre di un testo d'autore notissimo si tratta).

 

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Alonso/Blecua e Sánchez Romeralo [om.]

 

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Come ci informa la stessa Frenk nella sua nota al Corpus n. 597, la 1ª doc. è Góngora, il Romancillo cit., tràdito da varie fonti a partire dal 1589, sempre attribuito a Góngora. Poi lo stesso distico risulta in Ciguerondo, «Una serranica» (Ms. dei primi del Seicento), in una ensalada di Ledesma (Juegos, 1611), in Lope de Vega, intercalato in El valor de las mujeres, III, e in una ensalada del Ms. 3700 della Biblioteca Nazionale di Madrid (anch'esso del Seicento).

 

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Ed. Juan Millé y Giménez e Isabel Mallé y Giménez, Madrid, Aguilar, 1956, pp. 38-239.

 

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I frammenti più spesso isolati nelle moderne antologie Bono: 1) Mala noche me diste, casada, solo accolto da Sánchez Romeralo n. 523 e da Alín n. 685 -da un Ms. dei primi del Seicento-, e dal Corpus n. 658, da fonti tardo cinquecentesche e seicentesche tra cui anche Góngora, e scartato invece da Beltrán, mentre Alonso/Blecua n. 399 e Frenk Lir. n. 261 riportano una versione affine di Lope de Rueda; 2) Turbias van las aguas, madre, e 3) Ya no más, queditico, hermanas, accolti sia da Alonso/Blecua ai nn. 265 e 266 -dandoli quindi come consecutivi e dichiarando in nota come fonte Góngora-, sia da Sánchez Romeralo, che invece li offre separati, il primo (Turbias) al n. 419 (perché tratto dal Vocabulario de Refranes y frases proverbiales di Correas, dei primi del Seicento) e l'altro (Ya no más) al n. 522, desunto, come dice esplicitamente dal romance-ensalada di Góngora, e poi anche al n. 501 in una variante affine, Ya no más, queditito, amor, tratto da una fonte posteriore (Pinto de Morales, Maravillas del Parnaso, Lisbona 1637). Beltrán ne accoglie solo uno (Turbias, n. 284) e anche uno solo ne sceglie Alín (Turbias, n. 575). Frenk per parte sua accoglie un frammento solo nella prima raccolta (Turbias, Lir. n. 332, tratto dalla Prima Parte del Romancero General del 1600) ed entrambi nei Corpus (Turbias, n. 855 A e 855 B, e Ya no más cit. tra le «Correspondencias» al n. 756A), smistati, naturalmente nei settori tematici d'apparteneza, e comunque, le due volte, desunti da fonti tardo-cinquecentesche e seicentesche, tra cui anche Góngora. Meno addotti modernamente sono invece gli altri due frammenti contenuti nell'Ensalada gongorina (composta nel 1592 come dice la atessa Frenk nella nota al Corpusn. 756 A), che sono: 1) Si viniese ahora, solo accolto da Frenk Lir. n. 108 e Corpus n. 583 A, tratto per l'appunto dalla sola Ensalada di Góngora; e 2) Vámonos, que nos pican los tábanos, presente soltanto nel Corpus n. 1806, nuovamente tratto dalla sola Ensalada gongorina.

 

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Supponiamo che questo metodo si porti avanti a oltranza. Supponiamo che noi stessi, trascinati dal fascino della poesia «popolare», volessimo estendere in modo sistematico al Novecento il modello delle Antologie di lirica «popolare» compilate per il Medioevo, il Rinascimento e il Siglo de Oro. Potremmo includervi facilmente i «Cantares populares» di García Lorca i cui testi sono presenti nelle Obras Completas nell'ed. a cura di Arturo del Hoyo (Madrid Aguilar 198822, vol. I, pp. 1115-1133). Seguendo l'esempio delle Antologie citate, potremmo esplorare l'intera produzione poetica (compresi i testi teatrali) del poeta di Granada, ed estrarre frammenti di tono «popolare» da libri come Poema del Cante Jondo, Canciones, etc. Forse saremmo presi da qualche scrupolo isolando il famoso «frammento» del Romance sonámbulo («Verde que te quiero verde / verde viento, verdes ramas»), per esempio ci chiederemmo se non stiamo alterando del tutto il senso di questi due versi estraendoli dal contesto. E uno scrupolo del genere non potrebbe bastare a reconsiderare i criteri delle Antologie che ci sono servite da modello? Si tratta, senza ombra di dubbio, di questione delicatissima: cosa è popolare, cosa è popolareggiante, cosa viene prima, cosa viene dopo, chi imita -se imita-, e chi semmai difonde (e forgia) l'immagine del popolare. Viene utile un altro esempio del Novecento: il linguaggio madrileno «castizo» nei testi teatrali di Arniches non è -come molti credono- il risultato di una ricerca su campo ma un'invenzione fatta a tavolino (quello dell'autore) che non ha altri vincoi con le parlate popolare se non quelli, posteriori, della corsa delle classi basse madrilene ad appropriarsi di parole e frasi da lui forgiate e a usare «quella» lingua. In questo caso, il popolareggiante précede e prefigura il popolare (cfr. M. Seco, Arniches y el habla de Madrid, Madrid, Alfaguara, 1968). Ringrazio due cari amici per i suggerimenti riassunti in questa nota.

 

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O Cancioneiro musical e poético da Biblioteca Públia Hortênsia [Elvas], ca. 1540, ed. Manuel Joaquim, Instituto de Alta Cultura, Coimbra 1940.

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