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L'America tra reale e meraviglioso

Giuseppe Bellini


Università di Milano



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«Fábula verdad son estas Indias» afferma un personaggio di Miguel Ángel Asturias, in Maladrón. Si tratta di uno degli spagnoli giunti alla conquista delle «Ande verdi» e la definizione vale ad esprimere adeguatamente la meraviglia di fronte alla quale viene a trovarsi l'europeo quando giunge a contatto delle terre americane. Ma Colombo per primo aveva inaugurato, e diffuso, la dimensione mitica dell'America. La sua visione era destinata a fissarne nel tempo l'immagine.

Nel suo Diario, infatti, la realtà si trasforma, assume le dimensioni della favola, diviene magica. E quando crede di vedere inediti giardini, alberi meravigliosi che, come nei romanzi e nei poemi cavallereschi, danno frutti preziosi, di singolare varietà.

Il mondo americano è ormai sede della meraviglia. Per Colombo anche gli abitanti sono i migliori di quanti il Navigatore abbia mai conosciuto. Verranno poi i sorprendenti splendori dell'impero azteco, le meravigliose città, ricche di palazzi e di monumenti, che, secondo la nota espressione di Bernal Díaz del Castillo, sembravano uscire da libri d'incantesimo, dalle pagine dell'Amadís.

Seguiranno altre soprese: la scoperta, lungo le coste del Pacifico, del favoloso impero degli Incas, montagne ricche di metalli preziosi, ordinamenti di tale perfezione da stupire gli uomini del vecchio mondo. Con l'aggiunta dell'insospettato, di costumi civili, di una natura irresistibilmente attraente, al tempo stesso fonte d'inquietudine, in quanto incognita, sede della meraviglia, ma anche del terrore.

L'avventura ispanica si compie sotto il contrastante segno. L'America prende corpo tra la dimensione del reale e quella della fantasia. Se Colombo aveva creduto di essere arrivato al Paradiso terrestre, i successivi esploratori del continente americano, e i conquistatori, vivono -scontata la violenza di cui sono portatori, le stragi che sempre comporta la conquista-, essenzialmente nella dimensione del favoloso. In ogni luogo essi vedono concretarsi i prodotti della   —8→   fantasia, si muovono convinti della possibilità dei più straordinari incontri, non solo con animali e uomini diversi, ma con luoghi mitici: le Sette Città, la fonte dell'eterna giovinezza, l'impero del Paititi, quello della cannella, danno per certa l'esistenza dell'El Dorado.

Non tutto, comunque, è sogno o favola: la più dura realtà si impone anch'essa con la sua violenza. Sono gli orrori e le stragi della guerra, il crollo di sistemi politici e di credenze, la schiavitù rinnovata, il lamento senza speranza dei vinti. Una lunga età amara si inaugura per l'America, abbandonata dagli dèi ai nuovi venuti, resa orfana di se stessa. Si consuma, così, una tragedia di cui non è possibile scorgere la fine.

Con la penetrazione armata prosegue l'esplorazione del Nuovo Mondo. L'avventuroso viaggio di Gonzalo Pizarro verso il Paese della cannella dà luogo all'avventura di Orellana e al ritrovamento dell'immenso Río delle Amazzoni. E solo un esempio tra i molti. La conoscenza geografica deve molto agli stimoli della fantasia, al desiderio d'avventura. Instancabili «andariegos» segnano tappe decisive nella individuazione di quell'entità misteriosa che è l'America.

Convive con l'attrazione il terrore. Se le grandi avventure dell'esplorazione si svolgono al segno dell'entusiasmo, esse rappresentano sempre il rischio, non sfuggono alla legge della sofferenza, della violenza: fame, malattie, rivolte, la tentazione del delitto, fomentato dall'invidia e dalla cupidigia. Il ribelle Aguirre -per alcuni, oggi, precursore d'indipendenza-, perseguendo un suo sogno di potenza, si leva contro il re, per finire miserevolmente, dopo incontabili delitti e stragi, ucciso dai suoi stessi uomini, sulle rive di un'impossibile fantasia, di giorno in giorno sempre più colorata di pazzia. Secoli dopo, romanzieri come Valle Inclán e Asturias ne trarranno ispirazione per denunciare un male divenuto cronico dell'America indipendente, la dittatura.

Nel frattempo, agli scopritori, relatori spesso essi stessi della loro esperienza, oppure oggetto, nella loro vicenda, di relazioni cronachistiche, seguono i viaggiatori, dapprima esploratori dell'ignoto, poi descrittori e interpreti della nuova realtà, quella composita della società ispano-americana. L'America esce, finalmente, dalla dimensione della meraviglia, senza per questo perdere nulla del suo richiamo, e mano a mano afferma la sua specificità, impone, con la nota originale, la dura realtà di una condizione umana verso la quale si volge ora l'attenzione.

Di fronte ai grandi scenari naturali, che ripetono costantemente   —9→   il loro richiamo -con spirito nuovo tornerà a interpretarli la narrativa del secolo XX -, alle suggestioni esercitate dalle testimonianze delle grandi civiltà defunte, stanno problemi mai risolti, che qualificano negativamente la condizione americana. Di nuovo, perciò, l'attenzione dell'Europa si volge all'America, non più -o non solamente- per coglierne il richiamo magico, ma per individuarne e condividerne la problematica, per denunciare i meccanismi perversi del ripetuto asservimento.

È naturale che questa impegnata attenzione ripercorra il cammino dei secoli e si ritrovi a riflettere sui momenti iniziali, quelli della scoperta e della conquista, ma anche della formazione di una nuova società e di una nuova cultura, che interpreta un mondo ormai diverso, per constatare, in sostanza, come la favola, per quanto attraente, non sia valsa a cancellare una realtà di dolore.





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