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«La condenación que pesa sobre esta novela desde que Cervantes la arrojó al corral de los condenados por mano del ama, ha oscurecido este trozo, que es de las mejores imitaciones que poseemos del fragmento ovidiano. Desde luego la creo superior a las de los traductores en verso de las Metamorfosis. Retóricamente puede hacérsele objeciones, pero hasta en los trozos en que descubre Alonso Pérez su escasa pericia de versificador les salva no sé qué favor de sentimiento del tema [lo studioso continua con una serie di esemplificazioni ]. Perdida siempre en el fárrago de esta Diana no ha merecido la atención de la crítica este trozo, que, aparte su valor poético, juega su papel en la evolución del tema. Tan sólo Menéndez y Pelayo, a lo que se me alcanza, paró mientes en este fragmento, si bien su elogio es tan parco que se reduce a decir que "es lo más tolerable que se encuentra en la parte poética" de este libro. Si mi opinión valiera, sustituiría lo de tolerable por agradable», pp. 207-210.

 

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Può forse risultare utile ripercorrere, brevemente, i passi compiuti dal mito ciclopico nella sua epifania occidentale: a partire dalla elaborazione omerica nel IX libro dell'Odissea, nella quale prevale la componente ferina, brutale e minacciosa del personaggio, il tipo ideale tracciato da Omero viene sottoposto da Euripide a un trattamento di concretizzazione, basato sulla sottrazione di illusione mitologica e un accrescimento dei tratti individuali della persona, e facendo accompagnare i suoi aspetti più deformi da una sottile ironia. Il processo di umanizzazione compie il passo definitivo con l'inserzione della fabula amorosa di Galatea e Aci, fino alla sua trasformazione in amante e musico ad opera di Filosseno da Citera. L'ironia torna nella versione inaugurata dagli idilli di Teocrito, dove prevale l'elemento amoroso, poi ripreso da Callimaco e da Filostrato di Lemno. La sua presenza nella poesia latina si distingue per la componente allegorica che in più di un'occasione Virgilio conferisce alla sua figura, poi cara agli autori medievali sino a Petrarca. Ovidio, com'è noto, raccoglierà nel libro XIII delle Metamorfosi l'ingombrante figura -sempre meno epica perché sempre più sentimentale- per esaurire con tinte nuove e suggestive la sua progressiva umanizzazione.

 

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Avalle-Arce, La novela pastoril española, p. 114.

 

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In questa strofa (f. 180r.) l'ironia si conclama in aperta comicità, dal momento che sulle orme del mito di Narciso -evocato nell'emblematica scena del rispecchiamento alla fonte-, ideale di bellezza perfetta, il «fiero pastor» compone addirittura il proprio autoritratto. L'effetto comico (accresciuto dopo da un'iperbolica comparazione con Giove, che il gigante traduce nella supremazia propria rispetto al dio pagano) raggiunge qui un climax che la serie di strofe precedenti, ben sedici, è andata preparando nel corso della canzone, attraverso l'enumerazione dei beni e delle qualità personali che secondo Gorforosto l'amata Stela dovrebbe stimare sufficienti ad ammetterne la corte.

 

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Pérez, Segunda parte de la Diana, ff. 180r. e v.-181r.

 

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J. B. Avalle-Arce, «El cuento de los dos amigos (Cervantes y la tradición literaria. Segunda perspectiva)», in Nuevos deslindes cervantinos, Barcelona, Ariel, 1975. L'autore individua in successione le seguenti testimonianze del tema in area iberica (fino al 1624, ma si indicano qui fino a La Galatea): Disciplina clericalis, El libro del caballero Cifar (1300 ca.), El libro de los exemplos, por A. B. C, di C. Sánchez de Vercial (1400-1421), La vida del Ysopet (1489) traduzione, in parte, delle favole esopiche, il Dechado de la vida humana moralmente sacado del juego del axedrez (1549) di M. de Reina, la Segunda Diana di A. Pérez (1564), El Patrañuelo di J. de Timoneda (1567), l'esempio portoghese delle Histórias de proveito e exemplo (1575) di G. Fernandes Trancoso; né rimangono estranee al filone alcune commedie di Lope de Vega e di Tirso de Molina. In relazione alla versione del tema offerta dalla SD, segnatamente, il critico afferma che: «La sustancia medular de esta historia intercalada viene de un viejísimo cuento tradicional que se remonta, en sus versiones europeas, al segundo relato de la Disciplina clericalis de Pedro Alfonso. Mas Alonso Pérez borda tales arabescos alrededor de la materia tradicional que resulta difícil reconocerla» (Id., La novela pastoril, p. 113). Una lettura dello speciale legame che unisce Delicio e Partenio, i «fratelli amici» della SD, alla luce delle dinamiche del raddoppiamento identitario, è contenuta in un altro lavoro di chi scrive, di recente pubblicazione, incentrato su una particolare configurazione del tema del Doppio all'interno della narrativa spagnola del Siglo de Oro. Si veda: F. Gherardi, «Un cuerpo parecemos y una vida». Doppie identità nella narrativa spagnola del Secolo d'Oro, Pisa, Edizioni ETS, 2007, in part. le pp. 130-140.

 

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Sulla portata degli effetti esercitati dal vincolo amicale alle origini della cultura occidentale e, quindi, sulla matrice sociologica della questione, si veda: Luigi Pizzolato, L'idea di amicizia nel mondo classico antico e cristiano, Torino, Einaudi, 1993.

 

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In questa evoluzione sembra essere ricalcato uno schema della prima Diana: Silvano rinuncia a Diana a favore di Sireno quando apprende che il rivale è ricambiato e gli diventa, da allora, amico. Un discrimine importante, naturalmente, risiede nel carattere precostituito dell'amicizia di Delicio e Partenio, che offre una giustificazione sul piano ideologico a tutta la vicenda.