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Precursore di una nuova era. Così si definisce Salvador Dalí, parlando della nueva pittura mistico-nucleare

Rinaldo Froldi





Così si definisce Salvador Dalì, parlando della sua nuova pittura mistico-nucleare.

Alla mia richiesta di una intervista per la Fiera Letteraria Dalì

ha risposto inmediatamente e cordialmente con un sì. Dalì ama Roma ed ama l'Italia ed ha avuto piacere dell'occasione offertagli di poter parlare anche agli italiani della sua ultima attività pittorica, anche in considerazione del suo intervento alla Biennale di Venezia, mancato per cause di forza maggiore. Recentemente proprio su queste stesse colonne, Eugenio d'Ors, parlando della Biennale d'Arte ispano-americana ha fatto un cenno anche a Dalì, soffermandosi specialmente sul quadro che con il Cristo in croce, maggior rumore ha suscitato: la Madonna di Port-Lligat.

Chi conosce solo il Dalì surrealista è rimasto certo colpito dalla «novità» della ultima pittura daliniana. Ora, il distacco di Dalì dal surrealismo è un avvenimento che ha già anni di storia: se dobbiamo credere a André Breton, risale addirittura al 1936. È un fatto però che una vera e propria crisi in Dalì si ha solo verso il 1941 e, più accentuata, verso il 1945. Ma le manifestazioni più decise e violente di una nuova attitudine spirituale e conseguentemente di una nuova arte sono recentissime e si possono così brevemente riassumere: il ritorno di Dalì in Spagna nel 1948, la sua dichiarata religiosità, il suo Manifesto místico (1951), la sua polemica con Picasso che è solo di qualche mese fa proprio del tempo della sua partecipazione alla Biennale d'Arte ispano-americana di Madrid.

Quando, nella capitale spagnola, Dalì diede la sua ormai notissima conferenza (Picasso y yo) si scatenò il finimondo: molti applaudirono, un gruppo di giovani dichiaratamente «picassiani» rumoreggiarono a non finiré, i più risero divertiti.

Più o meno fredda poi l'accoglienza del grosso pubblico spagnolo sia in occasione della mostra di Madrid che della presentazione d'alcuni quadri a Barcellona ma grande il rumore nei circoli culturali ed artistici.

Tutti questi elementi accrescevano il mio interesse di parlare con Dalì. Dalla sua viva voce desideravo sentirmi chiariti i problemi della sua nuova arte: ebbene Dalì mi ha soddisfatto nel corso di una lunga intervista.

M'aveva fissato un appuntamento per le ore tredici all'Hotel Ritz e giunse con soli cinque minuti di ritardo: alto, vestito di scuro, col suo inseparabile bastoncino ed i baffi arcopuntati entrò nel salone dell'Hotel suscitando l'interesse generale dei presenti. Dopo i convenevoli s'appartò rapidamente con me in un angolo del salone.

Dalì è gentile, senza però l'affettazione esagerata del costume spagnolo, è spontaneamente e -direi quasi- bruscamente gentile: parla con voce un poco grossa un discreto spagnolo (conosce molto meglio il francese) e accompagna con una mimica essenziale il suo discorso rendendolo più incisivo. Nei momenti di minore impegno le sue mani giocherellano con l'esile bastoncino ma tosto si fermano se la tensione interiore aumenta: il bastoncino fisso, sanziona allora con la sua immobilità l'assolutezza del concetto espresso. Perchè Dalì parla per enunciati, più che parlare sentenzia o, meglio ancora, fissa in formule dogmatiche i suoi concetti. Nella conversazione simpaticamente vi fissa coi suoi occhi acuti, vivi, scattanti e se dalle sue essenziali formule voi sviluppate il concetto fino alle ultime conseguenze si mostra soddisfatto: si compiace cioè d'essere stato compreso e ascolta, interessato, lo sviluppo logico delle sue pregnnati intuizioni.

Chiedo a Dalì notizie sulla sua attività. «Ho -risponde- da poco terminato il lavoro che mi era stato assegnato dal governo italiano, più precisamente dal Poligrafico dello Stato: l'illustrazione della Divina Commedia. Si tratta di centodue acquarelli che ho già spedito a Roma per aereo. Sono stato in ansia parecchio tempo perchè da Roma non mi comunicavano d'aver ricevuto il pacco: alla fine l'attesa notizia è venuta. Non so quando il Poligrafico dello Stato pubblicherà il volume ma credo presto: ammiro le meravigliose edizioni del Poligrafico».

Chiedo a Dalì alcuni particolari sul modo con cui egli ha sentito e interpretato la Commedia dantesca, con prontezza mi risponde: «Scriva pure che la mia illustrazione della Divina Commedia costituirà una grande novità. Ad esempio tutti coloro che hanno finora illustrato l'Inferno lo hanno reso in maniera tenebrosa. Ma la tenebra è negazione della luce e dove non c'é luce non c'è pittura. Il mio Inferno è massimamente analitico e mediterraneo cioè io ho cercato di rendere tutti i particolari lasciando trionfare la luce, ovunque e sempre».

Esprimo il desiderio di sapere ancora qualcosa sulla sua attività pittorica attuale e Dalì non ha nessuna difficoltà a rispondermi: «Attualmente nella mia casa di Port-Lligat sto dipingendo una Assunzione della Vergine che considero la prima vera, grande pittura del mio nuovo misticismo nucleare, i critici potranno giudicarla come vorranno però credo che non potranno non dare a quest'opera l'attributo di geniale, sia pure nel senso che Puskin -se non erro nella citazione- dava all'opera di Dante considerandone solo la struttura.

Naturalmente io ritengo che il mio quadro sia positivo non soltanto strutturalmente... In ottobre io terminerò ed ho intenzione di andaré a Roma e di chiedere una udienza al Santo Padre al quale voglio presentare ed illustrare la mia opera, suggerita dal mio nuovo indirizzo spirituale, essenzialmente místico».

Chiedo qualche spiegazione sul carattere di questo misticismo nucleare.

«Quando parlo di nucleare, mi riferisco proprio al significato che la scienza moderna ha dato alla parola: mi riferisco ai componenti del núcleo dell'atomo, mi riferisco alla concezione della realtà come pura energia che è la grande scoperta della scienza d'oggi, la quale del resto non fa che confermare la tradizione cattolica del mondo creato ad opera di Dio. Io ho pensato molto a ciò ed ho immaginato questi elementi costituitivi della realtà: nel mio studio vi sono dei gessi modellati da me stesso che sono la traduzione in forma plastica di quello ch'io sento ed immagino siano gli elettroni, i protoni, i neutroni... La mia Assunzione della Vergine è la mistica intuizione della realtà della Madonna, pura energia. Formata da particelle minutissime la figura della Vergine si presenta nel suo moto ascensionale con direzione verso lo spettatore. C'è nel mio quadro una ricerca di moto che in un certo senso può accostarsi alla ricerca che fu dei futuristi italiani. Da ciò che le dico Lei comprende che la mia è una pittura "attuale", nel senso più vero della parola: anzi, io credo che con questa pittura sarò considerato il precursore di una nuova era pittorica. Non molto tempo fa a Parigi mi chiesero la mia opinione sul "realismo socialista" dei russi. Diedi una risposta che fece sussultare tutti: "Sono d'accordo coi russi"».

Poi chiarii il mio concetto: «D'accordo coi russi nel senso che approvo il concetto del realismo: bisogna dipingere qualcosa che sia reale ed attuale. I russi però fanno della propaganda politica soltanto: io procuro di dare un nuovo significato spirituale alla pittura, realizzando forme nuove. La nostra epoca è -lo dicono tutti- l'epoca della scienza: io credo che è vicino il giorno in cui l'arte riavrà dignità e importanza pari a quella della scienza e la riavrà proprio penetrando misticamente nella realtà che la scienza ha svelato: sarà, allora, il nuovo Rinascimento».

Dichiaro apertamente a Dalì di non ben comprendere il rapporto fra la sua produzione surrealista e la presente. Mi risponde senza un attimo di esitazione: «Il rapporto c'è ed é di continuità. Quando dipingevo come surrealista tributavo un culto pagano a simboli, feticisti: ora quei simboli esistono ancora: solo non sono più feticisti ma religiosi, cattolici. Nello stesso tempo ho posto ordine alle mie intuizioni, ai suggerimenti del subcosciente, ho -vorrei dire- razionalizzato me stesso. Non voteva essere che così perchè Religione e Dio significano ordine, perfezione, ragione».

«In Francia si sta pubblicando un libro proprio su La continuité dalinienne. Scriva pure che io attualmente mi trovo in una posizione che è l'opposto di quella di De Chirico in Italia anche se l'uno e l'altro ci troviamo d'accordo nel rimproverare ai non-artisti d'oggi la mancanza assoluta di gusto, di capacità tecnica d'ispirazione. Ma De Chirico nega il proprio vassato, io no. De Chirico poi s'è volto alla pittura da museo, io cerco la nuova pittura».

La citazione di De Chirico m'offre lo spunto per portare il discorso sulla Biennale di Venezia e sulla situazione dell'arte attuale in Italia e fuori. Dalì dice di non essere molto al corrente della situazione pittorica italiana attuale. Gli parlo delle principali correnti, degli astrattisti, dei neorealisti ecc.

M'interrompe: «La crisi è universale: non si crede in niente e perciò non si distingue niente: gli attrattisti sono l'espressione migliore di questa aridità spirituale: quello che divingono vale solo come decorazione (e così dicendo, con largo gesto della mano addita le tappezzerie delle poltrone e i tappeti della sala). I neorealisti fanno della propaganda. Fuori di lì non si va».

Chiedo se ha intenzione di partecipare alla prossima Biennale: «Senz'altro. Presenterò l'Assunzione e qualche altro quadro dell'ultimo periodo nuclear». Con piacere poi s'intrattiene a parlare di Venezia, di Roma, di Milano, di Firenze: riconosce che l'Iitalia ha significato molto per lui, per la sua conversione spirituale. Parla con commozione della pittura di Raffaello. «I moderni non comprendono Raffaello; io lo considero con Velazquez e Vermeer il più grande pittore che sia mai esistito».

Dopo la divagazione italiana riporto il discorso sulla vita del pittore nel piccolo, quieto paese di Port-Lligat, sulla Costa Brava. Risponde con accento commosso: quell'angolo meraviglioso di natura un poco selvaggia lo incanta, evidentemente.

Il quadro che sta dipingendo lo impegna molto: s'alza alle sei e dipinge quasi tutta la mattina. Raramente esce a passeggio o prende il sole o un bagno. Al pomeriggio riposa sempre un poco: poi dipinge ancora finchè c'è luce. La sera scrive la sua Vida resecreta.

Chiedo se si tratta di una continuazione della sua notissima Vida secreta.

«No. Si tratta di un diario della mia vita di questi ultimi tempi in cui bene mi si è precisata la mia nuova pittura. Giorno per giorno annoto osservazioni, pensieri, episodi. Ho cominciato un mese fa: penso continuare il diario per quattro mesi, poi lo farò stampare contemporaneamente in edizione francese e spagnola. Sto anche scrivendo un romanzo».

«Ancora una domanda, per favore: alcuni critici osservando i suoi ultimi quadri hanno parlato di accademismo. Lei cosa ne pensa?».

«Penso che hanno commesso un errore. Si sono fermati solo al lato esteriore della pittura: la perfezione tecnica, non hanno visto più in là».

Gli leggo quanto ha scritto Eugenio d'Ors sulla Fiera Letteraria a proposito della Madonna di Port-Lligat.

Risponde: «D'Ors non ha visto la coerente struttura di tutto il quadro che non è disperso e formato di parti aggiunte senza significato ma tutto esattamente calcolato in equilibrate corrispondenze. Il senso di sospensione che presenta è quella che io chiamo l'estasi mistica».

La conversazione ora si sposta sul piano letterario. Dalì mi chiede della situazione della letteratura italiana contemporanea, ricorda Moravia come suo buon amico, mi parla un poco sconsolato della situazione della cultura spagnola.

Senza quasi che me ne rendessi conto è trascorsa un'ora: accenno al congedo non senza però rivolgere l'ultima domanda, quella che non poteva mancare: «Che cosa pensa Lei di Picasso?».

«Picasso io non lo vedo da un po' di tempo ma ho elementi per dirle che non è lontano il tempo della sua "conversione".

La sua ultima produzione è pittura nostalgica di toros. Picasso pensa alla Spagna. Picasso fra poco uscirà dal partito comunista o lo butteranno fuori il che è ancor meglio. Picasso sarà anch'egli un místico».

Ancora alcuni convenevoli in piedi. Dalì mi invita a Port-Lligat per conoscere il suo studio. Mentre parla lascia ogni tanto ricadere il peso del corpo dal lato del bastoncino che, esile, s'incurva fin quasi a spezzarsi.

Accetterò l'invito e nello studio di Dalì a Port-Lligat conoscerò così la nuova pittura mistico-nucleare.



imagen del texto original.

«La Fiera Letteraria», 31 agosto 1952, pagina 1

imagen del texto original.

«La Fiera Letteraria», 31 agosto 1952, pagina 2





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