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Miguel Ángel Asturias e Venezia

Giuseppe Bellini


Università di Milano



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In più di un'occasione mi sono occupato di Miguel Ángel Asturias, come uomo e come scrittore e in qualche caso ho utilizzato anche testi di una lunga relazione epistolare, sempre più significativa con il passare degli anni. Mi sembra il caso, ora, di evocare il personaggio utilizzando alcune lettere che mi inviava, materiale destinato altrimenti a rimanere ignorato, nell'avventurosa vicenda che coinvolge, con la nostra vita, quanto dì più intimo ci appartiene.

Tra il Maestro e chi scrive si era andata formando, nel tempo, una grande amicizia, che coinvolgeva le due famiglie. Ho ricordato spesso, in conversazioni con amici, come fosse frequente il fatto che, quando il silenzio del Maestro si protraeva più a lungo, e in famiglia lo sottolineavo, un'improvvisa telefonata recava la voce festosa di Miguel Ángel, dall'angolo meno atteso del mondo, quasi una comunicazione telepatica gli facesse cogliere che si sentiva la sua mancanza. Doña Blanca, così disposta ad accogliere voci dai confini del normale, confermava l'esistenza di questa comunicazione e l'attribuiva alla componente india del marito. La confortava in questo doña Mariquita Valle-Inclán, la quale affermava anch'essa conturbanti presenze oltre il reale, documentava percezioni inquietanti e divinatorie.

Morto ormai Asturias, un mattino in cui, a Parigi, doña Blanca aveva ospitato me e mia moglie nella sua casa e ci aveva distinto con l'assegnarci la sua camera matrimoniale - l'altarino del lato dove aveva dormito Asturias era rimasto intatto, con la sua mescolanza di presenze cattoliche e indie -, un'improvvisa telefonata della Valle-Inclán le comunicava che aveva percepito la nostra presenza in quel luogo preciso, senza che prima doña Blanca l'avesse informata. La cosa ci lasciò profondamente turbati, mentre la moglie del Maestro accoglieva la comunicazione come del tutto naturale. Ma io avevo già avuto modo di sperimentare, a Venezia, in occasione del Congresso Internazionale degli Ispanisti, organizzato da Franco Meregalli, le facoltà straordinarie di doña Mariquita.

Tornando al tema, gli inizi della mia relazione con Asturias furono occasionali. Allorché, negli anni che sempre definisco «ruggenti» della mia attività di   —6→   ispanoamericanista, quelli della gioventù e del maggiore entusiasmo, quando svolgevo un'intensa attività di diffusione dei valori della letteratura ispanoamericana presso le edizioni Nuova Accademia di Milano, avevo pensato di tradurre qualche cosa della narrativa di Asturias: si trattò di Week-end en Guatemala, seguito qualche tempo dopo da un'antologia poetica, Parla il «Gran Lengua», presso la casa editrice di Ugo Guanda, un amico non dimenticato, al quale molto deve la conoscenza della poesia iberica e americana in Italia, nei decenni successivi alla fine del secondo conflitto mondiale.

Vidi per la prima volta il Maestro a Santa Margherita, in occasione di un indimenticabile congresso latinoamericano organizzato da Amos Segala, personaggio che rimase sempre vicino ad Asturias, seguendolo poi a Parigi, e che dopo la sua morte curò la conservazione della sua memoria e ne difese l'opera, iniziando la pubblicazione in edizione critica delle opere, progetto confluito poi nel più ampio degli «Archives de la Littérature Latinoaméricaine et Caraïbe du XXe. siècle», posto ora sotto l'egida dell'UNESCO.

Quello con Asturias, in quell'occasione, fu un incontro per me deludente: il Maestro mi accolse con cortesia, ma senza calore. Il mattino seguente venne ad abbracciarmi e a scusarsi: non aveva individuato bene la persona e solo doña Blanca era riuscita, sapiente collezionista di notizie, a far luce sul Bellini. Da quel momento ebbe inizio un'amicizia che si rafforzò continuamente, fino a diventare Asturias una sorta di padre per la nostra famiglia e una presenza frequente nella Facoltà di Lingue e letterature straniere dell'Università Bocconi, dove allora insegnavo.

Ma Venezia era pure entrata nel cuore dello scrittore guatemalteco. La sua frequentazione della città era iniziata per merito di Franco Meregalli, allora ordinario di letteratura spagnola nella prestigiosa Ca' Foscari, sempre aperto alla diffusione della letteratura latinoamericana, fin dagli anni in cui, io allievo, insegnava all'Università Bocconi. Anzi, proprio al suo incitamento devo se ho dedicato la mia attività di docente e di studioso alle lettere dell'America di lingua spagnola e se poi, in anni successivi, potei trasferire la docenza di questa disciplina presso l'Università cafoscarina.

Con il mio arrivo a Venezia, chiusa la Facoltà di Lingue e letterature straniere dell'Università Bocconi- una vera e propria «serrata», alla quale cercò invano di opporsi Asturias, ormai Premio Nobel - la frequentazione della città lagunare da parte del Maestro si fece più frequente, fino al momento in cui Meregalli, allora Preside della Facoltà, prese l'iniziativa di concedergli la laurea «Honoris causa».

Una ricca corrispondenza personale precede questo momento. Asturias era uomo di spirito festoso, stava volentieri in compagnia, si compiaceva di una cucina ricca e saporita, rideva volentieri e non gli dispiacevano le forme spiritose, anche se non era infrequente che d'improvviso trascinasse in qualche conversazione   —7→   seria. Spesso mi prendeva sotto braccio e con quel «ahora vamos a conversar» suo caratteristico, aveva inizio, con un lungo passeggiare su e giù per le calli veneziane, una comunicazione profonda.

In quell'epoca noi, discepoli e no, di varia età, di Meregalli - ricordo Carlos Romero, Beppe Tavani, Giulia Lanciani, Giovanni Battista De Cesare, Bruna Cinti, Donatella Ferro, Silvana Serafín, Elide Pittarello, Camilla Bianchini -, avevamo finito per soprannominare il professore «Divino Maestro»; era uno scherzo, ma aveva una base seria di origine, in quanto noi consideravamo Meregalli la nostra guida, il punto naturale di riferimento e a lui andavano la nostra stima e il nostro affetto. Anche se il Professore non si concedeva molto, anzi manteneva una sorta di controllo costante, sotto il quale, tuttavia, si poteva cogliere ugualmente la corrispondenza affettiva.

Il soprannome era piaciuto ad Asturias, che in privato lo aveva adottato e in qualche occasione epistolare pure lo usava, per riferirsi al personaggio, verso il quale aveva stima grande e simpatia.

Il Nobel guatemalteco aveva fatto una lunga e gratificante esperienza a Milano. Nelle sue lettere egli menziona spesso «los Pescaditos», un ristorante dove eravamo soliti mangiare del buon pesce. In un breve biglietto di auguri per il 1971, si comprende come il Maestro manifesti umoristiche preoccupazioni per il mio passaggio quale docente da Milano a Venezia. Il biglietto reca la figura di un vecchietto con la nipotina e Asturias scrive, alludendo alla mia seconda figlia, Elena, dì poco più di un anno, e con lei alla mia prima, Michela:

Feliz 1971. No veré yo a Papá Bellini, en la actitud de este viejito precioso, frente a la bailarina que ya tiene en casa; pero sí le deseo, les deseamos, años y más años, que 1971 les traiga alegría, salud, liras (no de Poetas, sino de Bancos) y la dicha de ver crecer a los pimpollos que cada vez están más lindas, porque son pimpollitas. Y otro sí, que no se nos vaya a hacer gondolero, mejor seguir de Profe, fiel a los Pescaditos. Estefanía, feliz año con un rico helado, de champagne (lo ensayaremos),

Miguel Ángel Asturias



L'allusione finale al gelato ha una lunga storia nella relazione di Asturias con la mia famiglia e ad essa ho alluso recentemente, rendendo pubblico anche un sonetto, «Problema helado», che, dopo un pranzo a base tutto di gelato, egli dedicò a mia moglie proclamandola «Marquesa del helado a la suprema / menta, turrón y gotas de ambrosía». Era la primavera del 1965.

Gli anni dal '50 alla metà del '60 furono anni difficili per Asturias, anche dal punto di vista economico, almeno fino al 1967, quando ricevette il Premio Nobel. E furono anni di grande dignità, nei quali le difficoltà economiche vennero sopportate con grande decoro, mentre l'amicizia diveniva elemento determinante per reagire alle ristrettezze della vita e, non ultimo, all'avanzare dell'età. Di qui che Asturias si legasse sempre più affettivamente agli amici italiani e divenisse   —8→   assiduo nelte Università dove tali amici svolgevano la loro opera docente. Milano e Venezia divennero, quindi, in Italia, i luoghi preferiti.

Intanto l'iniziativa della laurea «Honoris causa» procedeva con l'inevitabile lentezza burocratica. Asturias era davvero entusiasta della cosa. Riprodurrò, in parte, una lunga lettera da Parigi, del 13 maggio 1971, piena di affetto e di humor:

Querido Profesor Bellini: (o mejor Don Josecito)

Me causó sumo gusto recibir sus letras del 18 del mes pasado, tanto más cuanto que veo que Usted como toda persona bien comida (Pescadito), bien dormida y bien querida, olvida las ofensas de los prójimos como el famoso Señor M...

Bien sabe Usted que de nuestra parte, con amigos como Ustedes, nos trasladaríamos a Milán en cuerpoyalma, aunque no sabríamos como partirnos para también estar en Venecia, con el inefable Meregalli. A propósito, el programa que me ofrece en su carta, como posible, es para mí halagador. Ir a Venecia invitado por la Universidad y recibir, si lo acuerdan, el Honoris Causa, a pocos se les ha dado. Y de sólo pensarlo me lleno de júbilo. Y desde luego haría la conferencia de que me habla Usted, ante el Senado Académico. Esto sería para la próxima Primavera. Siempre, sí algo cierto aparece en próximos días, es decir de posible realización, y si sabe la fecha, más o menos, no deje de avisarme, para no comprometernos con otros viajes.

[...]

Le agradezco el envío de las 160 mil liras a B..., y el resto para heladitos. Que eso tendremos que hacer con Estefanía, hacer un helado de lingotes de oro, ahora que sólo de eso se habla. Helado que sería hermano o primo hermano de los buscadores de metal áureo, según Balzac y García Márquez.

[...]

Esta ya se hizo kilométrica. Blanca me encarga todos sus cariños para Estefanía, y las niñas, así como de mi parte, y de parte de nosotros dos, el abrazo doble para Usted,

Miguel Ángel Asturias



Pure interessante è una lettera, sempre da Parigi, del 21 giungo 1971. In essa, dopo aver ringraziato per il numero degli Studi di Letteratura Ispano-americana dedicatogli e per certe «gestiones» con gli editori, intese a far sì che pagassero quanto dovutogli, riferisce, sempre con il caratteristico buonumore, di essersi «recetado» due mesi di vacanze a Mallorca per terminare il romanzo Dos veces bastardo, che intendeva pubblicare nel 1972 - non riuscirà, invece, neppure a terminarlo prima della sua morte -, e di aver parlato di me con Neruda: «Aquí hemos hablado, malas ausencias, se entiende, con Pablo, del Prof. Bellini. No hay elogio que no haga de usted, Neruda, y yo lo corroboro». Cito, naturalmente, per legittima vanagloria.

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Nella stessa lettera Asturias chiede notizie di Meregalli e fa una dichiarazione di straordinaria adesione a Venezia:

¿Cómo está el Prof. Meregalli? Nuestros abrazos muy cordiales. Venecia, hecha una góndola de ensueños, nos circula en la sangre, no sabemos si como glóbulo blanco o glóbulo rojo.



Finalmente, il giorno della laurea si avvicina: il 16 maggio 1972 ha luogo la cerimonia e lo scrittore pronuncia il suo discorso svolgendo il tema «Paisaje y lenguaje en la novela hispanoamericana», non senza aver prima sottolineato il significato profondo, per lui, dell'avvenimento. Nel settecentesco salone, ricco di stucchi, di ori e di specchi, la sua voce risuona commossa:

Rector Magnífico:

Soy hijo de una cultura oral, de una cultura que pasó de palabra a figurilla de barro, a figura de piedra, de madera, y que por fin desembocó en el gran océano de la lengua española, y esto, recuerdo, que dije hace nueve años en la nobilísima cátedra de esta por mil títulos benemérita Universidad, al iniciar una serie de diálogos que tuve con los estudiantes que se especializaban en literatura hispanoamericana. Mi presencia en Venecia, en esta Universidad, en febrero de 1963, fue el inicio de toda una labor, podría decir, hasta, una campaña, en pro de nuestras letras, antes privadas de ciudadanía, pues se enseñaban como parte de la gran literatura española. Después de Venecia, dialogué, di conferencias, cursillos, en casi todas las Universidades de Italia, pero el punto de partida fue Venecia, y de aquí que ahora me conmueva profundamente, como todo lo que tiene mucho de destino, el que se me conceda el título de Doctor Honoris Causa, de vuestra Universidad, tantas veces centenaria y nobilísima, y por mí tan amada. Esta significativa distinción me identifica con vuestra ciudad, ampliando el concepto, pues toda vuestra ciudad es una lección viva de artes y letras que han formado la base de una de las más grandes culturas de la humanidad. No sé por qué se ha de ver y celebrar lo histórico, lo puramente histórico, fechas y dinastías, o bien lo comercial, el ir y venir de las más ricas y fabulosas mercancías, cuando se habla de Venecia, y no de su papel de señora de saberes y de madre de pintores, escultores, músicos, poetas y cuantos en ella sentíanse navegar en el más amable sueño. Esta es la Venecia que nosotros amamos, la de vuestra Universidad, porque aquí universidad sí quiere decir universal, la que fue amparo de libertad de pensar para tantos espíritus, la que enciende las antorchas de la luz más clara, en sus canales, para señalar las rutas de la inteligencia, del saber y del arte. Sin pecar de inmodestia, permitidme que me sienta orgulloso, como me sentí al recibir el Premio Nobel, de vuestra láurea, de esta magnífica insignia de vuestros profesores, [...].



Dopo la cerimonia, un banchetto riuniva intorno al nuovo laureato professori e studenti. Fu in quell'occasione che gli consegnammo solennemente, solennità burlesca, le insegne dell'Ordine del «Cochinillo de Oro», un Ordine fasullo,   —10→   del quale già avevamo insignito alcuni personaggi amici. Asturias lo accettò con grande entusiasmo e quale non fu la mia sorpresa, anni dopo, ormai scomparso il Maestro, di trovare nel suo appartamento di Parigi questo collare applicato ad un suo busto realizzato dallo scultore Messina. Doña Blanca mi assicurò che il marito ne era stato molto orgoglioso, lo aveva avuto molto caro, anche perché gli ricordava costantemente gli amici lasciati a Milano e a Venezia.

Una città, quest'ultima, che aveva sempre colpito Asturias e che ha parte rilevante nella sua opera poetica. Infatti, già nel 1963-64, durante un soggiorno nella Serenissima, quando lo scrittore era esule in Italia, aveva composto alcuni sonetti, ispiratigli dalla città lagunare. Nel 1965 io li pubblicavo a Milano, quale omaggio al Maestro, con il titolo di Sonetos de Italia, avvertendo che sarebbe stato più logico chiamarli Sonetos venecianos per il tema.

In occasione della laurea «Honoris causa» al Maestro si pensò di ripubblicare con nuovo titolo tali composizioni, presso la preziosa stamperia di Alberto Tallone, in Alpignano, per la traduzione di Letizia Falzone, amica intima dei Meregalli. Il poeta volle aggiungere allora ai primi quattro sonetti altri tre: «Venecia iluminada», «Venecianas islas», «Esta rosa amarilla»: li aveva composti tutti nei giorni veneziani che precedettero la cerimonia della laurea, ma i testi me li inviò il 7 giugno 1972, accompagnati da una lettera che vale la pena di rendere pubblica, soprattutto per l'affettuosità della stessa e perché esprime il suo giudizio su un suo romanzo appena pubblicato, Viernes de dolores:

Profesor Bellini:

Aún con nosotros Ustedes, porque los tenemos en el corazón, en los ojos, en las manos. Los sentimos, los vemos, los palpamos, tan presentes están en nuestra vida.

Le van con estas líneas, tres sonetos más de Venecia, que sumados a los cuatro ya existentes, harán siete, número suficiente, permita el Señor, para el libro que se propone realizar la viuda de Tallone. Al final del libro habrá que poner tres llamadas, tres notitas: los primeros 4 sonetos fueron escritos en (aquí la fecha), y publicados por Usted (aquí también la fecha y los detalles de la edición); la segunda notita: Esta rosa amarilla... (este soneto fue compuesto en homenaje a Rosetta (sic) Meregalli, quien me obsequió una rosa amarilla de su jardín), y la tercera nota, en el soneto de Venecia iluminada, es un soneto dedicado a Blanca).

[...]

Ya apareció VIERNES DE DOLORES, me envió Losada un primer ejemplar, pero ya le escribo pidiéndole que les envíe a Ustedes. Creo que le gustará. Tiene mucha madera que cortar. A mí, releída ahora, me ha gustado. Se defiende. Tiene significación. Nosotros no nos moveremos de París, sino hasta mediados de Julio. Estábamos invitados para unas celebraciones en Moscou, pero creo que no iremos. Blanca me encarga miles de cosas para los Belinotes y las Belinitas, así como para su suegra, y de mi parte, con todo mi cariño, abrazos y más abrazos,

Miguel Ángel Asturias



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Il trascorrere del tempo non diminuisce, anzi accresce l'attaccamento di Asturias agli amici. Trascrivo, a questo proposito, una simpatica lettera del 17 luglio 1972, sempre da Parigi:

Queridísimo Bellini:

Una novedad. Blanca se ha hecho «heladista». Hace helados, habla bien de los helados, y en fin, creo que con Estefanía hemos ganado una gran batalla, porque de otra suerte yo habría tenido que divorciarme, y Estefanía repudiarla como enemiga de esos manjares helados, deliciosos, casi de sueño, de sueño que se chupa los dedos.

A mí me parece, querido Profe, que sería mejor que Usted, en mi nombre, si quiere, le mandara los SONETOS de VENECIA a la señora Falzone. Creo yo que los Meregalli son muy amigos de ella, y una cartita del Divino Maestro no vendría mal. Porque además hay que preguntarle si está desocupada, si está en vena, y en cuanto tiempo lo traduciría, para no dejar pasar mucho, y que se arrepintiera la editora.

[...]

Y siempre pensamos, en lo más secreto del corazón, darnos un gran salto a Venecia, después de Octubre, en Noviembre.

Blanca me encarga miles de cosas para Estefanía y las preciosas chiquitinas, así como para el Profe, a quien yo también saludo, en unión con toda su familia querida y recordada,

Miguel Ángel Asturias



L'interesse di Asturias per la pubblicazione dei Sonetti Veneziani, quale fu, in definitiva, il titolo del libro edito da Tallone, è grande. In varie lettere torna sull'argomento. «No fuimos a los nuevayorkes - scrive in data 2 ottobre 1972- porque resultaba muy fatigoso, y por eso hasta el 12 del presente saldremos directamente a México, y pensamos estar allá hasta la primera semana de Noviembre en que volveremos a París». E in lettera del 6 dicembre dello stesso anno informa, entusiasta, della sua esperienza messicana, riprendendo anche il tema dei Sonetti:

Mi muy querido Profesor Bellini:

Acabamos de regresar de México, por eso no había contestado su carta del 14 de Noviembre. Nuestro viaje por tierras de Anáhuac fue en verdad inmejorable, y volvemos de allí, estuvimos más de dos semanas en Yucatán y Tabasco, entre los mayas, llenos de América, de barro, de paisajes, de sueños. Ya habrá tiempo para conversar. Por ahora nos quedaremos todo el tiempo en París.

En lo tocante a su carta. Muy bien el título de «Sonetti Veneziani», y si no le molesta vuélvame a mandar la nota introductiva que preparó usted, para la edición que prepara la Señora Tallone, así como los sonetos y las traducciones de la señora Falzone. Gracias anticipadas. Devolvieron el paquete, porque no había en casa quien recibiera los certificados. Imagino que por eso, pues si no lo habrían dejado en la portería. Desde luego   —12→   me parece bien que sea en septiembre del 73, que aparezca el libro, se lance en Venecia, y yo esté allí.

Me dice usted que Guanda le mandará 50 mil liras. Magnífico. Me las guarda para los paseos de doña Blanca por la Vía Napoleone. En lo tocante al Club de Editores, algo hay de raro, pues en Génova, el traductor, le dijo a Segala, que pensaban incluir «El Señor Presidente» (sin decirlo, creo yo, pues no figuraba en la carta que me pusieron), y ya ve que a usted no le quieren firmar el contrato especificando qué textos irán en el tomo que preparan. En lo del pago de las 380 mil liras que ofrecen, hay que pensar que se trata de una antología, y por los textos para antologías no pagan mucho. Y desde luego qué me van a pagar las otras editoriales. Por el contrario, a ellas si les fuera posible, cobrarían por proporcionar los textos. Pero éste ya es asunto de ellos.

[...]

Le ruego nuestros cariños a los Bellinitos y a los Bellinotes, y en espera de sus gratas, adelantándome a fechas, que pasen ustedes las más felices Navidades y año nuevo, y que nos veamos mucho, mucho en 1973.

Abrazos, Miguel Ángel



Una nuova lettera del 3 gennaio 1973 mescola «asuntos» vari, tra essi la sua rappresentanza legale in Italia, l'edizione dei Sonetti Veneziani, denuncia politica e tratti di umorismo: «¡Qué desear a los Bellini, en este umbral de 1973: Todo, salud, alegría, trabajo constructivo, helados-de-amor y pesetas, digo liras, digo dólares!», scrive; poi passa al libro in via di edizione:

«VENECIA - Recibí, muchas gracias, las pruebas de los Sonetos, y voy a examinarlas con Blanca, para decirle qué nos parecen, y si hay algo que cambiar. Creo que la forma como la Señora Tallone piensa publicarlos, es apropiada».



Quindi una nota umoristica: «Y esto es todo por hoy, caro Profesor, Mandamás de la Orden de los Cochinillos Perfectos y Pluscuamperfectos». Infine, in un poscritto: «Usted conoció Managua, de la que no queda nada, parece, aunque ha dado de sí el picarísimo de Somoza, fusilando gente, creando campos de concentración, y robando las dádivas de los países». Il riferimento è al terremoto che distrusse la capitale del Nicaragua nel 1972 e al latrocinio del dittatore, che si impossessò di tutto quanto gli aiuti internazionali inviarono al paese centroamericano.

In una lettera del 24 aprile 1973, tra i molti argomenti, tra i quali soprattutto la situazione di salute dell'amico Segala, compare una nota relativa a Franco Meregalli, che si era recato negli Stati Uniti: «Recibimos carta del Divino Maestro, quien se muestra esta vez más complacido de estar en yaquilandia bárbara».

Ma poco tempo dopo il tono di Asturias si fa serio; in una lettera del 28 giugno del medesimo anno 1973, sempre da Parigi, la soddisfazione per la pubblicazione talloniana dei Sonetti Veneziani appare amareggiata da preoccupazioni personali di salute, anche se qualche barlume di umorismo permane:

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Le quiero contar que he estado algo mal, con cólicos, y esto me llevó a buscar a los médicos, y después de exámenes y demás, resulté con un pólipo intestinal, que tendrán que extirparme. Me tendré, pues, que someter a una operación quirúrgica, con partida de panza, el 20 de Julio, y estaré hospitalizado 20 días. Quiere decir que si voy a Mallorca será del 15 de Agosto en adelante. Por un lado lo de la operación, como toda operación, es malo, pero por otra parte más vale así, para evitar un tumor maligno. En fin, esa es la vida... y no la del pescadito... No deje de contarme cuando se va de vacaciones, y darme de nuevo la dirección en que las pasan. Miles de cariños de nosotros dos, para las chiquitinas, para la adorable Elenita, nuestros abrazos a Estefanía (el calor ha empezado y nos habla de los helados), y para usted, caro Profesor, un gran gran abrazo,

Miguel Ángel Asturias



Una breve lettera del 13 settembre 1973 mi informava che l'operazione aveva avuto successo: «Afortunadamente ya voy saliendo del post-operatorio, que es siempre largo y fastidioso». Pochi mesi dopo ci ritrovavamo a Dakar, in un congresso che Asturias presiedeva e al quale un giorno si presentò con solennità lo stesso Senghor, allora Presidente del Senegal. Furono giorni felici ancora una volta, dei quali già ho fatto menzione in altro scritto. Ma era solo una pausa nel male che doveva in breve averla vinta sulle illusioni dell'uomo. Anche in quell'occasione furono molti i riferimenti a Venezia, unica tra le città del mondo, come l'aveva sempre sentita il Maestro, «Anclada apenas en la tierra», sempre sul punto di salpare, ricca di paesaggi che solo il Carpaccio, a suo parere, aveva saputo interpretare, fatta di teneri verdi, di tenui azzurri e luci d'oro, preziosa nei «cobaltos de la tarde, en el agua cristalina», luogo incantato dove anche i fiori, la rosa gialla di Rosella Meregalli, appariva «encendida en fulgor de eternidades».

Con affetto ho evocato la figura di Miguel Ángel Asturias nelle sue relazioni con il mondo veneziano, ma soprattutto ho voluto sottolineare, attraverso la sua corrispondenza, la dedizione del Maestro all'amicizia. Mi si perdonino le citazioni che toccano la mia persona o la mia famiglia: le ho fatte per sottolineare di Asturias le grandi qualità umane. I censori ne tengano conto.





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