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Juan Sempere y Guarinos, bibliografo e storiografo dell'età di Carlo III di Borbone

Rinaldo Froldi

[375]

     Due opere pressoché contemporanee stanno all'inizio dell'attività letteraria di Sempere y Guarinos che, nato a Elda, non lontano da Alicante, nel 1754, dopo gli studi di teologia e giurisprudenza fatti presso l'Università di Orihuela, si trovava ad esercitare l'avvocatura a Madrid nel 1780. (1) Alludo alla Memoria sobre el exercicio discreto de la virtud de la caridad en el repartimiento de la limosna che compose rispondendo a un concorso bandito nel 1781 dalla Real Sociedad Economica di Madrid e che risultò vincitrice del concorso stesso (2) ed alla traduzione delle Riflessioni sul buon gusto di Ludovico Antonio Muratori che il Sempere pubblicò nel 1782. (3)

     Nella prima di queste opere il problema della pratica dell'elemosina è affrontato dal Sempere nel solco della tradizione cristiana con abbondanti citazioni d'autori classici ma soprattutto dei Padri della Chiesa e con precisi riferimenti al De subventione pauperum di quel Juan Luis Vives che l'autore giudica «español muy pío, muy christiano y el escritor más juicioso de su siglo». (4) Ed è riferimento assai significativo che testimonia la partecipazione [376] del Sempere a quel movimento rinnovatore del pensiero spagnolo che in tutta la prima parte del Settecento s'era sforzato di ritrovare nella cultura rinascimentale spagnola un antecedente e un modello culturale ispiratore, scavalcando -all'indietro- il secolo XVII e la tradizione barocca. (5) Del pari significativo è che il Sempere renda tributo al «gran sabio» che aveva caratterizzato la cultura spagnola della metà del secolo, quel Padre Feijoo che s'era assunto l'impegno de «combatir y demostrar la falsedad de adagios y refranes» perpetuanti le «opiniones vulgares». (6)

     Per il Sempere il detto popolare haz bien y no mires a quien va capovolto in quello che afferma l'Ecclesiastico: Si haces bien, mira a quien lo haces. In verità il problema sta nel riconoscere i veri dai falsi poveri. Bisogna procedere con discreción e prudencia, fare uso della reflexión. Il Sempere vuole che l'uomo eserciti le sue capacità critiche: per questo polemizza con coloro che sono troppo ligi a ciò che è stato tramandato e soggetti all'autorità, soprattutto per pigrizia mentale: «la autoridad y la fama arrastran a la razón y se sujeta el juicio sin ningún examen al de aquellos que son mirados como los primeros maestros de qualquiera ciencia». (7) Contro i mendicanti vagamundos y holgazanes, l'esperienza ha dimostrato che ben poco servono le leggi repressive. Il problema per Sempere può trovare una soluzione in una educazione diffusa che permetta il cambio delle opinioni correnti. Non deve essere incoraggiata una indistinta carità basata sull'offerta di un po' di denaro ma quella che, ispirandosi a un chiaro concetto che distingua la «pobreza inculpable» dalla «voluntaria», la «caridad discreta» dalla «piedad imprudente», (8) presti aiuto al povero «con agrado y con amor», soprattutto «acomodándolo en donde viva con su trabajo». (9) Nella quale considerazione affiora evidente una preoccupazione di tipo economico: il giovane membro della Sociedad Económica, riconosce l'importanza del lavoro. Non giunge però a una vera e propria [377] proposta d'intervento politico. Nell'ambito di un discorso che resta in buona parte di tipo morale e parenetico, egli esorta a modificare le opinioni correnti ed affida alla stessa Sociedad Económica il compito di diffondere i nuovi principi di una carità controllata e consapevole: «Si la Sociedad de Madrid logra el inspirar estas máximas en el pueblo por medio de los repetables individuos que la componen, estorbará un gran número de delitos y restituirá al Estado muchísimos miembros útiles que trabajando en las artes aumentarán su riqueza y su prosperidad». (10)

     La traduzione delle Riflessioni sul buon gusto di L. A. Muratori, contemporanea, più o meno alla Memoria che abbiamo testé esaminata, è un'opera certamente non suggerita da una circostanza occasionale e che pertanto meglio testimonia degli interessi del suo autore. Uomo di vastissime letture, il Sempere fissa la sua attenzione sul testo muratoriano che gli appare particolarmente adatto a una meditazione attorno allo stato della letteratura spagnola dell'epoca, o come noi oggi preferiamo dire, con la consapevolezza che abbiamo di cosa significasse «letteratura» nel Settecento, sullo stato della «cultura» spagnola dell'epoca.

     Il Muratori aveva pubblicato la prima parte della sua opera nel 1708, sviluppando le idee da lui espresse nel 1703 ne I primi disegni della Repubblica letteraria d'Italia. (11) La discussione del Muratori, tutta impregnata di preoccupazioni morali e confessionali, mirava ad una rieducazione del letterato e, spesso appoggiandosi a disquisizioni teoriche echeggianti i temi retorico-estetici trattati nel Della perfetta poesia italiana (che è del 1706), introduceva il concetto del buon gusto come capacità di conoscere e giudicare il difettoso e l'imperfetto in tutti i campi del pensiero.

     Il Sempere di proposito ignora nella sua traduzione questa prima parte troppo legata alla peraltro lontana situazione italiana e traduce soltanto la seconda parte che il Muratori aveva pubblicato nel 1715. (12) Ma è soprattutto da osservare il modo [378] della sua traduzione. Nel Prólogo egli stesso dichiara di non essersi attenuto all'originale «con una timidez escrupolosa». Anzi «lexos de esto me aparto de él frecuentemente, omito muchos pasages, y añado ò propongo en otra forma algunas reflexiones». (13) In effetti il Sempere nella sua traduzione è fedele alla sostanza del testo e tende all'essenziale: gli interessa la linea fondamentale del pensiero ma taglia inesorabilmente ogni argomentazione iterativa o esortativa indubbiamente frequenti nell'originale. Così elimina quanto specificamente si riferisce a problemi italiani ed invece aggiunge al cap. XII, sembrandogli insufficientemente trattato il tema delle leggi civili, un estratto del libro settimo De causis corruptarum artium di Juan Luis Vives in cui appunto si tratta del diritto civile. A Sempere interessa la parte dottrinale: il concetto di buon gusto, in quanto investe l'intero sapere e coinvolge la stessa persona dell'intellettuale, il buon gusto come equilibrio razionale, come discernimento del meglio cui si deve sempre aspirare onde il letterato possa divenire «utile» a tutta la società civile.

     Seguendo il pensiero del Muratori, nella sua traduzione che è indubbiamente un bell'esempio di quello stile puro ch'egli stesso invocava doversi basare sulla naturalidad e la sencillez e concludersi in una magestad noble, il Sempere aveva chiaramente presente la situazione della sua Spagna che proprio sotto il regno di Carlo III di Borbone, sembrava avere raggiunto un proprio riscatto culturale. In tal modo la sintesi del testo muratoriano che occupa 195 pagine sembra essere un naturale preludio alla parte più significativa e originale dell'opera: quel Discurso sobre el gusto de los españoles en la literatura ch'egli pone in appendice e occupa un altro centinaio di pagine.

     Alla base stanno due idee fondamentali: la consapevolezza storica della eminente stagione culturale della Spagna cinquecentesca, legata alla sua egemonia politica e -strettamente congiunta- la radicata convinzione della successiva decadenza che è appunto, allo stesso tempo, decadenza politica, economica e culturale. Ma Sempere è certo che la Spagna del suo tempo s'è decisamente sollevata dallo stato di prostrazione in cui si trovava all'inizio del secolo XVIII. Egli non vuole scrivere la storia letteraria del secolo: «mi ánimo sólo es insinuar las causas que [379] más han contribuito a formar el gusto que reyna ahora entre los españoles». (14)

     Già i primi sovrani della casa borbonica avevano iniziato il rinnovamento: Filippo V e Fernando VI, ma l'azione decisiva è stata quella di Carlo III.

     S'osservi ciò che Sempere scrive a proposito de las Artes che non sono soltanto le Belle Arti ma tutte le arti manuali: «Su Magestad que en Italia, centro de las Artes, havía ya dado grandes pruebas del gusto con que las miraba, traxo a España la misma inclinación y deseos de favorecerlas. No ha havido pensamiento alguno útil que no haya sido acogido benignamente por su real corazón y al que éste no haya contribuido con su generosidad». (15)

     Il sovrano è lodato per le molteplici iniziative in ogni campo ma per Sempere un avanzamento nel buon gusto c'è stato soprattutto con i provvedimenti a favore dell'istruzione: vengono lodati i «nuevos planes de estudio», così come esplicitamente si approva la lotta al potere culturale più retrivo e a favore di un'ampia libertà culturale: «en consecuencia de estas (sabias resoluciones), todas las Ciencias y Artes han tomado en España un nuevo semblante y cierto gusto que acaso no han tenido hasta ahora». (16)

     Alle considerazioni generali egli fa seguire una serie d'osservazioni particolari sullo stato della Lengua castellana, della Poesía vulgar, delle Lengua latina y orientales, Matemáticas, Crítica, Historia, Filosofía, Teología, jurisprudencia, Medicina, Política económica y Artes. Sono considerazioni arricchite di abbondanti citazioni di autori e di opere, tutte percorse da osservazioni e riflessioni critiche, come ad esempio, quelle sulla tematica nuova del teatro e l'ormai diffuso buon gusto che rende più esigente il pubblico, sul valore di un nuovo modo di dedicarsi a una storia critica in cui «el juicio y la razón van borrando la afición a cosas inútiles y de poca entidad y dirigiéndola hacia lo sólido y de cuyo conocimiento se puede sacar algún provecho». (17) Sullo studio della fisica egli sottolinea come «ya no [380] reina tanto la preocupación de que la Filosofía moderna es incompatible con la Teología», (18) mentre nello studio di quest'ultima si è abbandonata l'inutile «sotileza y sofistería» di un tempo. (19) Ed ancora: Sempere che deplora l'antico costume nel campo giuridico dell'esclusivo studio del Diritto Romano a danno di quello nazionale, loda invece la maggiore consapevolezza storica portata in questo campo così come approva la fondazione di cattedre di Diritto naturale e si compiace di constatare il maggior equilibrio cui ha portato la politica regalista di Carlo III in «una concordia justa y equitativa entre el Sacerdote y el Imperio». (20) Lo studio della Medicina «está más despejado para la observación de la naturaleza (21) e lo studio delle matematiche e della fisica sperimentale è andato di pari passo con la diffusione d'idee nuove sul lavoro e la sua dignità: oramai in Spagna «no se advierte aquella especie de horror que antes se tenía a los oficios y a sus instrumentos». (22) In questo campo molto hanno operato le Sociedades Económicas de Amigos del País e a questo proposito Sempere cita il Genovesi: «El célebre Abate Genovesi, catedrático de Comercio en Nápoles, nombrado por nuestro Augusto Soberano, quando lo era de aquel Reyno, escribía así... «Se me dilata el corazón quando considero que de pocos años a esta parte se oyen nombrar en España, ciertas Sociedades que hacen honor al género humano»». (23)

     Un quadro insomma lusinghiero di una cultura viva che permette alla Spagna d'avvicinarsi al livello europeo: se puede afirmar sin adulación que la Nación piensa ahora bien». (24)

     In quest'opera c'è già in nuce quello che sarà il futuro Sempere, l'umanista dalle ampie letture, il giurisperito calato nella realtà del presente, il politico riformatore.

     In effetti, l'Ensayo de una Biblioteca española de los mejores escritores del reinado de Carlos III, pubblicato in sei volumi fra il 1785 e il 1789, l'opera più famosa di Sempere, testo imprescindibile per quanti s'occupano della cultura spagnola del Settecento, [381] non è altro che lo sviluppo del Discurso di cui abbiamo parlato. L'introduzione è praticamente la stessa e a questa, in luogo dell'analisi dello stato presente della letteratura, disciplina per disciplina, segue la presentazione singola degli scrittori e delle loro opere. È intervenuto un diverso concetto ordinatore: il criterio enciclopedico per autori che il Sempere applica sistematicamente anche se talvolta di fronte a particolari realtà storiche o istitutive che trascendono l'ambito personale, ritiene opportuno accostare alle «voci» singole, «voci» complessive come per esempio: Sociedades Económicas, Academias, Papeles periódicos, Planes de Estudios.

     Nella redazione delle voci l'attenzione è posta soprattutto sulle opere a stampa dei singoli autori, spesso riassunte e per lo più brevemente commentate. Qui si palesa il bibliografo ma mai in forma meramente erudita e classificatoria. Sempere è sempre critico: d'ogni opera ricerca il significato e ne sottolinea l'importanza, il rapporto con la tradizione che l'ha preceduta e la sua originalità. A volte egli apre degli excursos che sono vere e proprie trattazioni storico-critiche su singoli temi come alla voce Acevedo che gli offre l'occasione di disquisire sullo stato della giurisprudenza in Spagna o alla voce Arteta in cui si sofferma sulla libertà di commercio con le Indie o alla voce Planes de Estudios, nella quale non soltanto sono esposti i diversi piani di riforma universitaria ma vengono criticamente esaminati e confrontati.

     Il bibliografo è uomo di cultura, sorretto nel suo impegno da ben definiti intenti: la volontà di segnalare le opere migliori, di palesarne i meriti, al fine di sottolineare l'utilità che ne verrebbe dalla loro diffusione. (25) Sempere si sente partecipe della grande opera riformatrice della Spagna di Carlo III di Borbone: vuol contribuire all'unità nazionale sul piano delle coscienze (parla di «espíritu de unidad y patriotismo» (26) necessario per attingere la «civilización») e vorrebbe che venisse sopito ogni regionalismo campanilistico, quella «rivalidad de las Provincias» che pensa sia dannosa: le provincie stesse «convendría sepultarlas [382] en el olvido a lo menos por cierto tiempo y que de ningún hombre de mérito de nuestra nación, se pudiera decir más que es español». (27) Soprattutto si propone di restaurare e diffondere «el buen modo de pensar». (28)

     Sempere è attento e sensibile protagonista della realtà storica del suo tempo: di fronte all'ignoranza straniera delle condizioni della contemporanea cultura spagnola che a volte trascende in preconcetto giudizio negativo, egli vuol rivendicare insieme il merito della sua nazione e la verità oggettiva. Per questo condanna la retorica delle troppo diffuse Apologie sul merito letterario della Spagna: «Hechos y ejemplos son los que convencen a los extranjeros, no clausulones ni sofisterías». (29)

     Lo preoccupa l'esattezza della dimostrazione della verità e ritiene che solo questa possa giovare alla causa del vero patriottismo: «No se leen en mi obra aquellas hipérboles desmedidas y absolutas improbables que en otras han dictado la ignorancia y la vanidad o el fingido patriotismo de sus Autores». (30) Non dunque una celebrazione globale ed antistorica della grandezza spagnola ma la documentazione precisa di una realtà culturale tanto più valida quanto più la si consideri in rapporto ai precedenti ritardi e alle condizioni di disagio che pur rimangono: egli infatti parla del «atraso y los vicios que retardan todavía los progresos de las Ciencias y Artes en España». (31)

     L'opera del bibliografo diventa opera di storiografo: c'è in Sempere y Guarinos il chiaro riconoscimento di una realtà contemporanea culturalmente ben definita che si contrappone a una diversa realtà precedente, riconosciuta nei suoi limiti e difetti. Le lodi al sovrano, Carlo III di Borbone, più che il doveroso tributo di un suddito fedele appaiono perciò espressioni commosse di un patriota convinto che partecipa alla grande impresa del suo tempo ponendo al suo servizio il proprio pensiero e la propria penna. (32)

     Sempere si dedicò alla stesura del suo Ensayo con estremo scrupolo ed accuratezza, non muovendosi soltanto nel chiuso [383] delle biblioteche ma intrecciando una fitta rete di relazioni e corrispondenza con gli scrittori d'ogni parte della Spagna: gli procurarono notizie e gli offersero manoscritti alcuni grandi autori come Jovellanos, Campomanes, Andrés, Meléndez Valdés. Ma anche nei riguardi di scrittori minori egli volle sempre essere perfettamente documentato. Si recava anche di persona a trovarli per avere da loro notizie esatte sulle loro opere. Voglio qui soffermarmi un poco su un episodio che ritengo significativo. È tratto da quelle Noticias literarias de Sempere che furono stampate a Madrid nel 1821 e che, per concorde giudizio dei suoi biografi, furono da lui stesso composte. (33) Sempere non aveva notizie esatte degli scritti di Lanz de Casafonda, giurista e Fiscal del Consejo de Indias, uomo molto riservato. Con gioia perciò Sempere ricevette risposta a una sua lettera con l'abituale richiesta di informazioni bibliografiche, nella quale Lanz de Casafonda l'invitava a casa sua. In tal modo egli poté apprendere tutto quanto gli era necessario per la compilazione di una «voce» del proprio Ensayo.

     Il racconto di quell'incontro contiene notizie preziose sull'origine di quel Diálogo entre dos abates napolitanos che l'Aguilar Piñal pubblicò nel 1972 con il titolo di Diálogo de Chindulza e che, sulla base della precisa annotazione contenuta nell'Ensayo attribuì a Manuel Lanz de Casafonda. (34)

     La testimonianza delle Noticias literarias de Sempere che -come detto- è del 1821, ormai lontana dagli avvenimenti, in una situazione che permetteva a Sempere di scrivere con maggiore libertà, conferma in pieno l'interpretazione e l'attribuzione dell'Aguilar Piñal ed aggiunge un particolare importante che ci riporta alla genesi stessa dell'opera del Casafonda. Dice dunque il testo delle Noticias Literarias:

     «Presentado este el día señalado al Señor Casafonda, le confió una anecdota bien interesante para la historia literaria de aquel reynado. Cuando Carlos III vino a España desde Nápoles, entre los consejos que le había dado en aquella corte su primer [384] ministro Tanucci, eran la abolición de los jesuitas, de los colegios mayores, y de la inquisición. Como aquellas impresas eran tan arduas, se pensò que para llevarlas al cabo convendría desacreditar antes aquellos cuerpos en la opinión pública, ridiculizándolos, que es el medio más seguro de combatir las preocupaciones muy arraygadas, cuales eran las que sostenían la importancia de aquellos cuerpos.

     Se dio este encargo al señor Casafonda, grande amigo del señor Roda; fingió aquél un diálogo entre dos abates italianos. Uno de ellos había estado en España y refería al otro lo que abía observado en ella, en punto de literatura, con cuyo motivo hacía una crítica muy fina de los primeros literatos españoles de aquel tiempo; de Bayer, Flórez, Burriel, Sarmiento Feyjoo, Velázquez, Mayans y Montiano; de la enseñanza de los jesuitas, de los colegios mayores, etc. Todo esto con estilo festivo, y lleno de gracia, cual convenía al diálogo, y al objeto que su autor se había propuesto.

     Esta obra se imprimía en Nápoles, en italiano y español, con tanto misterio que se enviaban desde aquella corte las pruebas a Madrid para su corrección. Pero estando ya impresos seis o siete pliegos se varió de idea y se suspendió la impresión. El señor Casafonda manifestó a Sempere las capillas que conservaba de lo impreso; y le permitió sacar una copia de toda la obra, y dar noticia de ella en su Biblioteca. Éste franqueó después su copia a don Antonio Valladares, editor del Seminario erudito, quien imprimió en él la primera parte, mas no la segunda, por no habérselo permitido, según dijo, el consejo de Castilla». (35)

     La vera origine del Diálogo starebbe dunque nel ricordo di un consiglio dato dal Tanucci al Re e nella buona disposizione del Lanz de Casafonda a venire incontro ai desideri di Carlo III e del Roda. Chiaro e ben significativo esempio di quella collaborazione politica e culturale che è caratteristica del dispotismo illuminato.

     Sia pure per diversa via e in ambito più propriamente politico-economico [385] che non letterario, si colloca anche il trattato del Sempere y Guarinos sul lusso, pubblicato nel 1788. (36)

     Sempere che nell'Ensayo aveva affermato la sua preoccupazione per il «buen modo de pensar», «particularmente de la política económica que tengo por la ciencia más útil del Estado», (37) affronta qui un problema economico tanto dibattuto nell'epoca. È significativo ch'egli dia una impostazione storica al suo lavoro: delle complessive 416 pagine dell'opera, ben 373 sono dedicate alla storia delle leggi suntuarie spagnole dall'antichità fino a Carlo III: il tutto è premessa ai tre capitoli finali, il Paralelo entre el luxo y las costumbres actuales y las de los siglos anteriores, De la moral acerca del luxo e la Política conveniente acerca del luxo.

     Questa imposizione risponde a una esigenza nuova, razionale, nell'applicarsi alla ricerca teorica: l'esame della realtà storica come base per la definizione concettuale. Nel caso specifico, se tutta la storia della Spagna è piena di leggi suntuarie e se queste mostrano d'aver fallito, non saranno state esse stesse concepite sulla base di preconcetti economicamente ingiustificati? Del resto, alla base della decadenza spagnola non stanno forse ben precisi errori economici? Sempere di questo è convinto: quindi sul lusso non bisognerà pronunciare aprioristiche condanne moralistiche, pur nella consapevolezza dell'esistenza di un problema morale. Si tratta di saper contemperare una politica dei consumi, indispensabile in uno stato moderno, con un oculato controllo del lusso, soprattutto favorendo l'industria nazionale e frenando l'importazione di costosi prodotti stranieri.

     Dopo la morte di Carlo III, la vita del Sempere ha una svolta: egli lascia Madrid ove fino allora aveva svolto le funzioni di segretario del marchese di Villena e passa (1790) a Granada in qualità di fiscal della locale Cancelleria. L'incarico lo porta a dedicarsi a questioni giuridiche anche senza con ciò disattendere i prevalenti interessi riformistici.

     Con la consueta solida preparazione compone varie Memorias [386] e Representaciones che lo confermano nella stima di alcuni ministri e dello stesso Príncipe de la Paz. (38)

     Di particolare significato l'iniziativa della pubblicazione della Biblioteca española económico-política iniziata nel 1801: egli riprende testi significativi e dimenticati della storia dell'economia spagnola. La Biblioteca manifesta e conferma la sua esigenza d'avvicinarsi ai problemi attraverso la storia e la sua capacità di suggerire soluzioni personali a problemi di viva attualità. (39)

     Coinvolto negli avvenimenti politici che portano all'occupazione francese, appoggia il governo di José Bonaparte vedendosi poi costretto all'esilio. Non cessa per questo di preoccuparsi dei problemi della sua Spagna, nel campo economico, legislativo, della storia del diritto o della stessa storia politica.

     A noi che volutamente abbiamo ristretto il nostro campo d'indagine al Sempere y Guarinos del regno di Carlo III di Borbone, non sfugge che le opere da lui scritte nell'esilio hanno in comune con le sue precedenti una stessa radice culturale, un medesimo costume mentale e sono suggerite dall'esigenza profondamente avvertita di contribuire all'interesse pubblico.

     Tali sono i suoi saggi dedicati alle Cortes ed al problema costituzionale. Già nelle sue Observaciones sobre las Cortes y otras leyes fundamentales de España pubblicate a Granada nel 1810, egli proponeva una serie di innovazioni illuminate, allontanandosi dal reverenziale rispetto di tradizioni pur radicate ch'egli [387] giudicava non più corrispondenti alla realtà della nuova situazione storica. Nella Histoire des Cortes d'Espagne, stampata a Bordeaux nel 1815 c'è la profonda amarezza per la situazione di esasperati conflitti politici che costrinse, suo malgrado, Ferdinando VII a non concedere una costituzione, sia pur più moderata di quella di Cadice, agli spagnoli e c'è insieme la condanna degli eccessi dei liberali prima del rientro del re e dei servili, dopo il ristabilimento dell'assolutismo, specie per la persecuzione dei liberali e degli «afrancesados». (40)

     Più avanti, nel 1820, nella Memoria sobre la constitución gótico-hispana pubblicata a Parigi, egli si propone di dirimere l'equivoco sorto sulla pretesa democraticità della troppo celebrata costituzione visigotica. Per Sempere se la Spagna vuole costituirsi in nazione felice deve basarsi «no tanto en sus viejos códigos como en la imitación de otros modernos». (41) Tesi che trova conferma anche in vari passi della sua Historia del Derecho Español che riuscì a far pubblicare a Madrid nel 1822 e 1823 (42) e nell'ultimo dei suoi lavori, quelle Considérations sur les causes de la grandeur et de la décadence de la Monarquie espagnole, uscite a Parigi nel 1826. (43) [388]

     La coerenza del pensiero di Sempere y Guarinos si basa su alcuni punti fondamentali che risalgono alla sua formazione ed all'esperienza vissuta con entusiasmo e partecipazione, e poi sempre nostalgicamente ricordata, della stagione riformistica del regno di Carlo III. Ne erano parte costitutiva la condanna dell'ignoranza e della superstizione, nonché del culto ottuso della tradizione ch'egli definiva «anticuomania» e delle sottigliezze giuridiche del «bartolismo». Di qui derivava l'affermazione della necessità di una generale riforma mediante l'istruzione e la diffusione del lavoro riconosciuto nel suo valore morale e sociale. È sua ferma convinzione che la decadenza spagnola fosse dovuta ad errori economici e all'ultramontanismo.

     Vissuto in tempi calamitosi, egli si sforzò, prima di ogni altra cosa, di comprenderli e di svolgere una linea di pensiero aderente alla realtà: per questo ai suoi detrattori poteva polemicamente opporre la massima del Diritto: «Distingue tempora et concordabis jura». (44)

     Oggi, d'altra parte, non sembra avere molto senso l'impegno di chi, un tempo, si sforzava di stabilire se l'afrancesamiento di Sempere fosse avvenuto per convinzione o necessità. Quello che non si può mettere in dubbio è la sua dedizione a quella Spagna che sotto Carlo III egli aveva voluto riconoscere più come patria che come nación.

     Quando, nel 1821, egli dettava quelle Noticias literarias che si configuravano come un ritratto ideale e morale di sé stesso, forse pensava a un suo possibile ritorno -nel nuovo clima costituzionalista- all'attività pubblica interrotta dall'esilio. Ma lo svolgersi ulteriore degli avvenimenti e l'avvertita prossima restaurazione dell'assolutismo, lo consigliarono a restare a Parigi. Solo nel 1826 lasciò la Francia per il ritorno in patria. Finì tranquillo i suoi giorni, nel 1830, nella nativa Elda.

     Noi oggi, ricordando quello che fu il momento più alto del suo impegno e della sua fortuna culturale, il regno di Carlo III di Borbone, abbiamo voluto porre in risalto la coerenza di una matura coscienza morale ed ideologica che a Sempere non [389] spense mai la speranza d'essere utile alla sua patria e gli fece con risolutezza affermare che, di fronte all'ingratitudine ed alla dimenticanza dei contemporanei, nei suoi riguardi, almeno la posterità sarebbe stata più giusta. (45) Arriba