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ArribaAbajoCapitolo II

Razionalizzazione della vita morale


L'impressione di calma e di equilibrio che nasce dal raffronto tra i modelli assunti da Moreto e le rielaborazioni condotte su di essi, trova conferma nella disamina diretta di questo teatro.

Si tratta di un'impressione talmente immediata e naturale che sarebbe fuor di luogo commentarla, tanto più che tutta la letteratura critica vi si è soffermata, a partire dai contemporanei: quando infatti Gracián definiva Moreto Terencio de España, aveva forse presente il terenziano equilibrio dell'opera sua.

E' inutile ripercorrere le pagine critiche dedicate all'argomento; basti citare alcune frasi del Sanz de Robles che sintetizzano i vari aspetti in cui s'articola questo fondamentale carattere: Ni atildado, ni remilgado, ni arrebatado, ni conceptista... siembra con medida el gracejo. No siente lo heroico. No le atrae lo teológíco... optimista sin desgarro... dramático sin truculencia95.

Quel che la critica ha invece trascurato è stato di spiegarsi le ragioni nascoste di questo carattere;   —72→   ché ricondurlo semplicemente all'indole dell'autore è spiegazione lapalissiana che non esaurisce il problema. Solo la Kennedy ha saputo proceder oltre e, in un apposito capitolo (The Dramatist's Philosophical Outlook on Life96) formula una specie di sistema filosofico moretiano, in cui detto carattere opportunamente s'inquadri. L'autrice parla di una filosofia della virtù in accordo con la ragione, dell'esaltazione dell'intelletto e del biasimo della stupidità, per concludere che si tratta del personal code of an individualist, benché così conservatore da sembrar più convenzionale che personale. Un'etica, soggiunge la Kennedy, che, identica a quella di Spinoza, guarda a Marco Aurelio ed all'Illuminismo97.

Tuttavia anche questo giudizio lascia il suo margine di perplessità. E' possibile, ci si chiede, che un teatro come questo, recante evidenti tracce di cultismo, appartenente ad un'epoca addottrinata fino alla complicazione, nasca soltanto in margine a personali convinzioni? Di più: ebbe Moreto una tale personalità da imporre al pubblico alcune semplici idee sue, più improntate ad un familiare buon senso che risultanti da una profonda speculazione (perché a tanto alla fine si riduce il sistema filosofico di Moreto, secondo le affermazioni della Kennedy)?98 E ancora: il pubblico, educato da una tradizione di mezzo secolo a scorgere nell'opera teatrale motivi profondi ed a riceverne gravi suggestioni, come potè seguire con tanto interesse un teatro che ne apparisse improvvisamente privo? Né vale pensare ad un decadimento del gusto, perché questo pubblico era quel medesimo che s'appassionava alla meditazione ascetica   —73→   di Calderón e che fischiò Calderón stesso e Rojas quando tentarono di svolgere il motivo dell'onore in maniera non confacente alle sue convinzioni morali.

In realtà anche l'opera di Moreto, come quella di tutti, o quasi tutti, i drammaturghi dell'Edad de Oro, si sviluppa nell'ambito di un sistema morale ben definito, al quale, s'intende, l'autore si rivolse perché lo trovava congeniale.

Quella stessa prima impressione, che essa genera, di piano buon senso, d'equilibrio guardingo, di moralità pratica e quasi alla buona, è il logico prodotto d'una concezione etica che tende a rifuggire da ogni forzatura, per ripiegare verso il giusto mezzo.

Ora, se la morale del giusto mezzo tanto spesso s'identifica con quella del senso comune, non bisogna peraltro dimenticare che possiede pure una dignità filosofica risalente ad Aristotele. E che in questa epoca, impregnata d'aristotelismo, il concetto dell'aurea mediocritas avesse trovato diffusione, è ampiamente dimostrato, tra l'altro, da Gracián, per il quale essa diviene uno dei fondamenti del suo sistema. Sarebbe praticamente impossibile riferire i luoghi gracianeschi, soprattutto del Criticón, in cui si sviluppa questo motivo, tanto esso permea tutta l'opera.

Basti citare, scegliendo qua e là, la domanda di Andrenio: ¿Y toda virtud? (aveva prima domandato dove fossero varie virtù singole), cui Eco risponde: En el medio99; o l'affermazione che il saggio, pur potendo scegliere fra i vari beni di fortuna, preferisce una medianía, teniéndola por única felicidad100. E così via, attraverso tutto il libro.

Per l'appunto, dalle commedie di Moreto balza   —74→   fuori questa medesima aspirazione a bandire ogni eccesso, non solo d'ordine stilistico e strutturale (come si vedrà più innanzi), ma soprattutto d'ordine morale. I personaggi che riscuotono la simpatia dell'autore non sono mai esasperati, neppure nell'esercizio delle buone doti, perché esse cesserebbero appunto d'esser tali; da questo teatro è in genere bandito così il gesto grandioso come la situazione èclatante, e tutto tende a comporsi nell'equilibrio d'un'azione, morale e scenica, essenzialmente moderata.

E' da questo ideale d'equilibrio fra gli estremi che nascono le situazioni moretiane più tipiche: la prudenza nell'agire, il ripudio della volgarità e della retorica, il biasimo che investe, del pari viltà e spirito duelístico, confianza ed encogimiento. E d'altra parte è contro questo ideale che s'infrange la violenza del contrasto barocco.

Tutti i vari aspetti della particolare concezione razionale dell'epoca confluiscono nell'opera che stiamo esaminando, pervadendola a tal punto che ogni situazione ed ogni personaggio di rilievo appaiono investiti da una luce di razionalità: la ragione è per Moreto l'indispensabile presupposto di ogni attività umana, come principio morale e conoscitivo.

Sotto l'aspetto morale, essa piedra de todas las virtudes, per dirla con Gracián101, si manifesta essenzialmente nella lotta con gli appetiti.

Che la ragione dovesse dominare i sensi e le passioni era affermazione antica, risalente a Platone, ad Aristotele ed allo Stoicismo, ripresa poi da vari trattatisti dell'Edad de Oro, senza dubbio anche per influsso della Compagnia di Gesù e forse pure dell'incipiente cartesianismo.

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Ma l'interpretazione che di questo principio dà Moreto, sebbene s'accosti moltissimo alla tradizione, ne diverge tuttavia per il maggior rilievo dato all'aspetto estetico di esso. La passione gli appare soprattutto brutta, perché si manifesta in atteggiamenti che urtano il buon gusto e sottraggono dignità a chi se n'è reso schiavo.

Un personaggio dirà scandalizzato al suo re, che è in preda alla passione:


    Señor, templaos;
¿Vos descompuesto?


(Primero es la honra, I, 10, 234)                


Analogamente Doña Leonor, nel Lindo Don Diego, dice alla sorella colta dall'ira:


Inés, hermana, ¡qué miro?
¿Tú descompuesta? ¿Qué es esto?


(I, 4, 352)                


Ed ancora in Primero es la honra, la regina, pur offesa dalla passione peccaminosa del re, lo richiama alla dignità:


    Desesperarse en la pena
no es acción digna de vos,
porque es dar a los sentidos
más poder que a la razón.


(III, 1, 242)                


La ragione è dunque la sola fonte della dignità umana, come ci confermano le parole che Lidoro rivolge al suo duca:

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    Más sois vos con la razón
que con pasión que se olvida.


(El defensor de su agravio, II, 1, 498)                


Al contrario la passione è gretta, egoistica:


que quien por el interès
del apetito que ciega
ama, es engaño, que sólo
pretende sus conveniencias.


(El más ilustre francés, I)                


Ed ecco infine come Moreto presenta la nobiltà della ragione e la volgarità dei sensi: Antioco si domanda chi, dentro di lui, stia congiurando contro la ragione, regina delle potenze spirituali, e riconosce che è il volgo dei sensi,


    el pueblo de los sentidos,
que la voluntad tirana
contra su reina acaudilla
y sediciosa levanta
sus espíritus rebeldes;
que como plebe alterada,
entran a saco en su alcázar,
y contra ley y justicia
la noble razón arrastran.
Pues aquí de la nobleza
que a la razón acompaña,
discurso, ingenio y prudencia,
que son las principales basas,
traición, que a la Reina matan.


(Antíoco y Seleuco, III, 7, 53)                


Il racconto, il quale termina con la morte della volontà e la sconfitta dei sensi, ricorda talune allegorie gracianesche, come la guerra di Artemia (che,   —77→   pur non essendo la ragione, è hija del entendimiento) contra Falimundo102 o quella di Espera contro i mostri delle passioni e dei vizi103, ed è tanto più significativo in quanto per Moreto, più ancora che per tanti altri, regalità e nobiltà sono le depositarie della dignitosa bellezza, che è logicamente negata al popolo.

D'altronde basta dare uno sguardo alle varie commedie e non è difficile trovarvi il personaggio spregevole (si noti bene; non oggetto d'odio) che è in preda alle passioni. Non è certo il caso di ogni commedia, ma ritorna con notevole frequenza: tali sono, per esempio, il re di Sicilia in Primero es la honra, il Duca di Parma in La misma conciencia acusa, Demetrio in La fuerza de la ley, il protagonista di San Franco de Sena, Lisardo in El Licenciado Vidriera, Federico in El secreto entre dos amigos, ecc.; le citazioni, che abbiamo fatte quasi scegliendo a caso, potrebbero accumularsi, perché almeno la metà delle commedie di Moreto presenta un personaggio del genere104.

E' da aggiungere che la ripugnanza verso ogni forma di sensualità si estende fino alla diffidenza verso l'esuberanza e le impennate del sentimento. In questo caso, è vero, non viene offeso gravemente il gusto estetico, ma s'avverte ugualmente un senso di fastidio per un qualcosa che è per lo meno poco decoroso.

Si evince dunque da queste commedie, e lo si può anche ricavare da alcuni dei passi sopraccitati, che il brutto, pur essendo nelle passioni stesse, è sensibile nelle manifestazioni esterne da esse determinate. Esse rendono l'uomo descompuesto, lo privano diquel dominio di sé che è al contempo spirituale e fisico.   —78→   Sensibilità estetica, dunque, più che etica? L'una e l'altra insieme; per Moreto, come s'è visto per Gracián, l'essere e l'apparire s'identificano. Né vale obiettare che, se la passionalità non si manifestasse in atteggiamenti scorretti, allora non sarebbe riprovevole, perché, in questo codice morale, un tale presupposto non ha luogo.

Pertanto la razionalità s'identifica con la perfezione, l'ordine, l'armonia e via dicendo; mentre i loro contrapposti, ogni forma cioè di turbamento (sensoriale o sentimentale che sia), vengono relegati nell'ambito dell'irrazionale.

E' logico che una siffatta concezione non concerna tanto l'individuo in se stesso, quanto i suoi rapporti con la società in cui agisce: un galateo, sia pur pervaso da idealità morali, non ha senso completo nei confronti d'un essere solitario. Ed infatti Moreto non esita ad attribuirgli questo valore sociale.


    Señor, qué hacéis, advertid,
a vuestro poder agravio;
vuestro imperio es vuestro labio.


(El defensor de su agravio, I, 2, 492)                


così ammonisce un consigliere il duca che si confessa irretito in una passione illecita: il turbamento del signore si riflette sullo stato che da lui dipende.

E' quanto accade in Industrias contra finezas, in cui le intemperanze di Lisarda provocano la rivolta del popolo; mentre in Primero es la honra soltanto la condotta razionale della regina riesce ad evitare che il popolo si sollevi in seguito alla creduta morte di Porcia, causata appunto dalla passione del re di Sicilia105.

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Naturalmente questo avviene, quando succubi della passionalità sono i grandi personaggi; in tal caso il turbamento ch'essi provocano rischia d'esplodere in forme violente. Negli altri casi, e sono la maggior parte, com'è ovvio in commedie d'enredo, l'autore scorge nelle manifestazioni passionali il disordine dei rapporti sociali, come una sorta d'incrinatura in quella che dev'essere la limpidezza della perfetta società cui aspira.

L'ideale di questa società elevata si realizza nell'uomo fornito di discreción. Il personaggio modello di Moreto è discreto, come discreto è il varón ilustre di Gracián; e questa dote è propria anche di molti personaggi femminili.

Discreción e discreto sono termini che ricorrono spesso nel teatro moretiano, ma sono talmente frequenti in tanta parte della letteratura spagnola (ivi compreso il teatro lopesco), che occorre subito qualche precisazione.

Secondo la Kennedy, il termine discreto include a thorough acquaintance and compliance with proprieties of the Court as well as a nimbleness of wit which would enable him to make a creditable showing in the mental gymnastics that characterized the academies of the day. In a word, he must be the polished gentleman106. La definizione è un po' troppo generica ed esteriore e lascia in disparte l'aspetto più importante della discreción moretiana, che è la razionalità.

Già anticamente si distingueva la discreción dalle più comuni doti cortigiane: nel secolo XV così Pérez de Guzmán ricorda le muestras principales del hombre:

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    la primera muestra es
del hombre gentil presencia;
la graciosa eloquencia
luego por segunda havreis;
por tercera recibireis
la muy noble condición;
mas la buena discreción
por quarta y mejor terneis107.


Dunque già l'antico autore non l'identificava né col gracejo né con la bella presenza né con la nobiltà.

Frías ne dà una precisa definizione che s'adatta alla discreción dei personaggi moretiani:... no es otra cosa discreción que un hábito del entendimiento práctico mediante el cual obramos en las cosas cuándo y cómo, dónde y con quién, y con las demás circunstancias que debemos. E aggiunge che da essa dipendono perciò los demás hábitos morales y especulativos todos108.

Dal che ricaviamo tre aspetti fondamentali di questa virtù: l'origine intellettuale, il carattere pratico (di manifestazione esterna), la caratteristica di adeguarsi alle circostanze.

Né manca l'aspetto estetico: Es, pues, su oficio del discreto no otro que con un gentil y acertado discurso de razón, saber acomodar las cosas de que trata y tratar dellas conforme al decoro del lugar, del tiempo y de las personas, del porqué, y ansí de las demás circunstancias109.

Le idee esposte da Frías trovano già espressione in autori anteriori a Moreto. Ne sono state infatti indicate le relazioni con Cervantes110: questa coincidenza probabilmente non è casuale, poiché Moreto presenta   —81→   altri punti di contatto con l'autore del Quijote.

Dopo Cervantes, si direbbe che il concetto della discreción perda un poco del suo valore filosofico, per identificarsi nei più correnti significati di correttezza, acume, misura, che erano sì inclusi nella definizione di Frías, ma non ne costituivano l'essenza. Non abbiamo l'ambiziosa intenzione di tracciare qui una storia del concetto di discreción nella Edad de Oro, ma ci pare di poter asserire con una certa fondatezza che il termine, pur apparendo con frequenza, assume in Lope e nello stesso Calderón un valore pressappoco esornativo111. D'altronde non è solo questione di termini, perché, anche nel nostro autore, discreto può talvolta apparire un epiteto fra i tanti; si tratta invece di riconoscere nel personaggio di Moreto le caratteristiche filosofiche della discreción, che non sono invece propie di quelli lopeschi o calderoniani, ai quali spesso manca appunto la qualità fondamentale di adeguarsi alle circostanze, pur senza perciò riscuotere il giudizio negativo dell'autore. Il personaggio di Lope tende in genere a superarle, quando non a travolgerle, mentre quello di Calderón ne è spesso dominato fino a trovarvi il desengaño.

Nel teatro di Moreto riappaiono le caratteristiche elencate da Frías, ma vi si aggiungono apporti di marca gracianesca. Tutta l'opera di Gracián potrebbe considerarsi come la presentazione o la costruzione dell'uomo discreto: tale è il suo héroe, tale è Critilo, in tal senso sono orientate le massime dell'Oráculo; tuttavia, com'è ovvio, tutte le sue caratteristiche appaiono condensate nell'opera che ne porta il titolo. Interessante, in questa sede, è il fatto che El Discreto fu pubblicato   —82→   nel 1646, e che El Héroe, il quale sotto molti aspetti gli è vicino, è del 1637: non è pertanto fuor di luogo pensare che Moreto formasse le proprie convinzioni su questi testi (pare che abbia cominciato a far qualche prova, in campo teatrale, poco dopo il '40)112.

Nel Discreto dunque, benché sotto molti rispetti vicino all'opera di Frías, compaiono, intensificati o rinnovati, taluni motivi, in direzione essenzialmente estetica. La galantería, per esempio, è ritenuta una risorsa sostanziale: Todo grande hombre fué siempre muy galante y todo galante héroe...113Altrettanto la cultura, inteso il vocabolo come sostantivo di culto, nella sua indispensabile fusione con l'aliño. L'erudizione pura, per Gracián, non ha senso o valore, se non accompagnata dalla grazia; mentre la presenza di quest'ultima determina la validità di un'opera o di un atto. Si arriva ad affermare che hasta la santidad ha de ser aliñada114.

In particolar modo è, però, sottolineata l'importanza eccezionale attribuita alla circunstancia. Già Frías ne aveva parlato come di un elemento indispensabile per il manifestarsi della discreción; ora Gracián procede oltre e l'inserisce nella sua filosofia delle apparenze. Tanto se requiere en las cosas la circunstancia, como la esencia; antes lo primero con que topamos no son las esencias de las cosas, sino las apariencias; por lo exterior se viene en conocimiento de lo interior, y por la corteza del trato sacamos el fruto del caudal; que aun a la persona que no conocemos, por el porte la juzgamos; e più ancora: Fuerte es la verdad, valiente la razón, poderosa la justicia; pero sin un buen modo todo se desluce, así como con él todo se adelanta115.   —83→   Come si vede, la circostanza non s'identifica più, come in Frías, solo con il cuándo y cómo, dónde y con quién, ma si fonde, nella personalità stessa del discreto, con il modo y agrado.

Naturalmente molte altre doti contribuiscono a formare il varón discreto. Limitiamoci a sottolineare quelle che più frequentemente trovano riscontro nei personaggi moretiani: audacia discreta, cuerda intrepidez, sicurezza di sé derivante da un'adecuada noticia de las cosas, firmeza intesa come coerenza, assenza di variazioni116, duttilità, prontezza, spirito d'osservazione, e, naturalmente, scioltezza d'eloquio e capacità di dissimulazione. Certamente, se il discreto dev'essere un extremo en la perfección, dovrà pur possedere tutte le doti che s'intonino alle caratteristiche essenziali della sua virtù.

Qualche virtù, s'intende, non gli si confà: quelle ad esempio che si manifestano in slanci generosi o nell'intimo raccoglimento, tutto ciò insomma che evade dal giusto mezzo e che, quindi, non può esser ritenuto discreto, ma che forse neppure rientra per Gracián nella categoria della virtù. Egli diffida infatti di ogni forma non solo esasperata, ma anche insolita: l'ideale è vivir a lo práctico, acomodarse a lo corriente, casar lo grave con lo humano117.

Non è difficile, dopo queste citazioni, scorgere il discreto di Graciánfarsi personaggio drammatico nell'opera di Moreto. Si prenda Carlos nel Desdén: egli può avere in sé tutto il disordine del sentimento esuberante, ma lo domina razionalmente ed i suoi atti sono improntati alla più pura discreción: sempre corretto, sa di volta in volta adeguarsi prontamente al variare   —84→   delle circostanze: quando Diana pare cedere, scende fino ad una dichiarazione amorosa; quando ella si riprende e sta per scoprire il suo gioco, con una battuta riacquista il vantaggio. La lucida ragione costantemente guida le sue azioni ed insieme ogni suo gesto appare cortese e galante, pur non rivelandosi amoroso. Infine, quando occorre risolvere la situazione, tesa fino a spezzarsi, con esattezza e delicatezza insieme (has menester un modo muy discreto / de declararte, porque tenga efeto / ...y si yerras el cabe, vas perdido, lo avverte Polilla118), riesce, con un'ultima ingegnosa trovata, a concludere l'opera sua secondo la logica delle cose.

E' questo uno dei casi, per così dire, più completi di discreción, che spicca inoltre per l'estrema coerenza con cui viene esplicata.

Altrove la discreción si manifesta nell'attendere, reprimendo ogni impulso, che una situazione confusa si chiarisca, in modo da offrire il destro d'intervenire al momento opportuno ed in maniera adeguata. Quest'attesa non è però passiva, ma è continuamente animata dall'opera del discreto, il quale, con i vari mezzi adeguati alle circostanze, sospinge e quasi costringe la vicenda a definirsi. I mezzi cui ricorre sono generalmente quelli descritti da Gracián nell'allegoria dell'Hombre de Espera, soprattutto i principali, ossia prudencia, detención, disimulación119.

Astrea, per esempio, in Amor y obligación, benché provi inclinazione per Filipo, prima di scegliere fra lui e Lidoro, s'impone di chiarire con esattezza le doti dell'uno e dell'altro e di capire quale sia il suo dovere (quella forma speciale di dovere la quale risulta dalle circostanze, che è l'obligación).Reprime i   —85→   suoi sentimenti e, soppesati i pro e i contra, respinge il suggerimento fallace della fortuna (si la razón no lo consiente / no ha de poder más que ella un accidente (A. III) ), s'inchina infine alla logica della ragion di stato ed accetta di sposare Lidoro.

In Industrias contra finezas, un'altra donna, Dantea, dopo aver appreso d'esser stata designata regina, fa credere alla sorella Lisarda che la scelta sia caduta su di lei. Questa, irrazionale ed impulsiva, quanto calma e razionale è Dantea, rivela così i suoi veri sentimenti nei confronti della sorella. Altrettanto fanno il Conte Palatino e Roberto, che si schierano con Lisarda, mentre il fedele Fernando ha modo di mostrare la sua magnanimità.

Analoghe osservazioni si potrebbero fare ancora per Don Sancho in Hasta el fin nadie es dichoso, per Don Jerónimo in La confusión de un jardín, e così via.

Altre volte la discreción si manifesta nell'accettazione delle leggi che informano il vivere civile, come fa Don Félix (El Caballero) il quale, seppure talvolta a malincuore e senza convinzione, non rifiuta vertenze che, per una serie d'equivoci, gli si precipitano addosso; e naturalmente, in ciascuna di esse, si comporta in maniera perfetta. I duelli che deve compiere sono, egli lo sa, ingiustificati, ma sa anche, da buon discreto, adattarsi, con buen modo, alle circostanze.

E si può giungere fino a situazioni impensate: l'Almirante di Primero es la honra, vista l'impossibilità di sottrarre altrimenti la figlia alle mire del re, risolve d'ucciderla. Quel che maggiormente colpisce è la fredda razionalità della decisione, che si distingue appunto da altre consimili situazioni per la totale assenza   —86→   di reazioni sentimentali; l'Almirante, in un lungo soliloquio d'un centinaio di versi, esamina tutte le soluzioni possibili (convincere il re, allontanare la figlia, uccidersi, uccidere la figlia) con estrema lucidità. Per un istante dà in escandescenze, ma poi:


    A espacio, penas, a espacio;
males, vamos con templanza;
que si doy todo el sentido
al dolor que me traspasa,
para buscar el remedio
no habrá discurso en el alma.
Consultémosle, honor mío120.


(Primero es la honra, II, 16, 240)                


La soluzione più crudele è accettata perché unica pertinente alla situazione. Le prime due sono scartate perché assurde (non farebbero che accender maggiormente la passione del re); la terza, il suicidio, è da evitarsi per lo scandalo che creerebbe disordine nello stato (è il sentimento sociale della discreción).

Ecco dunque come la discreción viene ad inserirsi nel contrasto ragione-passione di cui si parlava prima. Il discreto, razionale all'estremo, benché non insensibile al sentimento, lo reprime e lo domina. Al lato opposto, nel dominio dell'irrazionale, stanno i suoi antagonisti: groseros, necios, ciegos e locos. Tanti termini (e vi si potrebbe aggiungere qualche sinonimo, come villano) non devono stupire: se la discreción, come perfezione assoluta, non ammette frazionamenti, nel campo opposto occorrono termini molteplici per definire le diverse sfumature dell'irrazionalità.

Già per Frías necio è il termine opposto a discreto   —87→   e la deficienza maggiore di questo carattere sta nel non sapersi adeguare alle circostanze. L'autore dice (con una frase che potrebbe esser sottoscritta da Gracián): el necio no yerra tanto en la substancia y ser de las cosas, cuanto en el modo y manera de tratarlas, que es en las circunstancias121. In maniera analoga, Moreto distingue fra la perdonabile ignorancia e l'imperdonabile necedad, sennonché insiste maggiormente sull'aspetto irrazionale di quest'ultimo difetto:


    el ser ignorante es falta
al ingenio concedida,
y el ser necio es una culpa
del entendimiento indigna.


(No puede ser...., II, 2, 195)                


Quanto alla grosería, ricalca pressappoco i caratteri della necedad, ma si manifesta in atteggiamenti più offensivi del buon gusto: è pertanto colpa più grave, è, per così dire, il delitto capitale del mondo moretiano. Il valore relativo dei due termini è posto bene in risalto in una scena della commedia Lo que puede la aprehensión: combattuto fra il timore di offendere il duca di Milano, suo signore, e l'amore per la duchessa di Parma, Carlos rinunzia all'amore, ed implicitamente anche al trono. Scusandosi con l'amata, conclude:


    De traidor ú de grosero
con mi dueño o con mi dama,
yo escojo la grosería,
por no incurrir en la infamia.


Ma la duchessa altezzosamente lo contraddice:


    ¿Qué decís? ¿Grosero vos?...
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Vos no podéis ser grosero,
no os doy yo licencia tanta;
que, a serlo, vuestro delito
excediera mi venganza.
Vos sois desdichado y necio,
en que de gloria tan alta
sois incapaz: desdichado,
necio, en no saber lograrla;
y por desdichado y necio
os dejo en vuestra desgracia;
que para un necio el perderme,
es el castigo que basta.


(Lo que puede la aprehensión, III, 5, 182)                


La necedad è dunque inettitudine ed impertinenza, e pertanto concerne essenzialmente il soggetto che ne è colpito; la grosería è una sorta di delitto sociale, che si riflette sugli altri e non può non determinare la loro reazione; se la prima rende ridicoli, la seconda rende spregevoli.

Perciò non ammette giustificazioni o attenuanti; quelle che vengono addotte da coloro i quali, come appunto Carlos, ne fanno libera scelta, sono puramente fittizie e assurde. Anche García, in Hasta el fin nadie es dichoso (A. I) sceglie la grosería come alternativa all'infamia (nella forma attenuata di afrenta):


    que he de andar grosero a precio
que no volver afrentoso;


ma in realtà intende mascherare a se stesso la più bassa colpa dell'invidia. Non esiste insomma una vera alternativa, perché di tutti i vizi questo è il peggiore.   —89→   Ben l'ha inteso il re di Sicilia che, ravvedutosi, riacquistata quindi la discreción, prega la regina di lasciarlo morir solo:


    pues sin vos de infeliz muero,
y de grosero con vos.


(Primero es la honra, III, 1, 242)                


Del pari Francisca (De fuera vendrá..., II, 3, 65) è disposta a perdonare l'ingratitudine del suo innamorato, ma non ne ammette la grosería, lesiva della dignità di lui stesso.

In un caso analogo, Doña Luisa (El Caballero, III, 12, 307) concede a Don Lope il diritto di esser geloso, fin anche atrevido, ma respinge alteramente il suo linguaggio tosco e muy grosero.

In questa denunzia appassionata della grosería, Moreto si rivela più che mai interprete di quella società tanto puntigliosa e gelosa delle buone maniere; non è certo fortuito il fatto che il termine, frequentissimo nel suo teatro (più del suo opposto discreto), fosse un vocablo de estrado122.

Ora, appunto perché la grosería, come pure, sebbene in tono minore, la necedad, invade lo stesso campo d'azione della discreción, cioè lemaniere, i rapporti sociali, il loro urto è nella logica delle cose e diviene necessariamente uno dei più caratteristici elementi drammatici di Moreto. Non solo, ma è anche la forma più corrente in cui si manifesta il contrasto ragione-passione; né, date le premesse estetizzanti di esso, poteva essere altrimenti.

In questo ci pare di trovare chiara conferma all'opinione   —90→   sopra accennata che la morale di Moreto assuma un significato sociale. Anzi, il valore che discreción e grosería acquistano nei confronti del soggetto, rendendolo degno d'ammirazione o di disprezzo, non è che il riflesso del suo modo d'agire nel campo delle relazioni. Questa virtù, intendo, o questo vizio concedono bensì all'individuo decoro o disdoro, attributi specifici della sua personalità, ma non talmente intimi e sostanziali da poter mantenere un significato al di fuori del consorzio umano, o meglio di quella ristretta società aristocratica in cui esso, nel teatro moretiano, quasi s'identifica e si simboleggia123.

Ecco perché i personaggi moretiani non rivelano mai interiorità profonda né una rigorosa problematica spirituale; ecco perché i contrasti raramente assumono le forti tinte del cozzo di personalità robuste. La superficialità è connessa alla stessa Weltanschauung dell'autore e, sulla base di essa, è spiegabile l'attenuazione della tensione drammatica nei confronti del teatro passato ed anche contemporaneo.

Angelo o demonio che sia, il personaggio di Lope o di Calderón, quando si scontra col suo antagonista, trova in generale un avversario della sua tempra; quando è in lotta con se stesso, sono due potenze vigorose del suo spirito che cozzano insieme. Per Moreto, si diceva, il contrasto si riduce di proporzioni, sia perché si tratta d'apparenza e non di sostanza, sia perché ogni forma di violenza è in antitesi col carattere stesso della discreción. Non mancano però altri motivi forse anche più profondi.

Anzitutto il buono o il malvagio (a queste categorie sono praticamente riducibili i personaggi lopeschi   —91→   o calderoniani) sono caratteri umani, personalità complete, ciascuna nel suo tipo; dei due antagonisti moretiani, invece, solo il discreto è «persona»: -secondo l'insegnamento gracianesco- essere perfetto, mentre il suo avversario è una creatura incompleta, fino al punto da riuscire talvolta assurda.

Nel relativismo del mondo moretiano, l'individuo mantiene la sua integra personalità soltanto se si assoggetta alle norme, relative appunto, del vivere civile o, se vogliamo, delle circostanze.

Chi invece ad esse non obbedisce, si trova ad essere, non solo manchevole, ma addirittura un estraneo ed un reietto in una società di cui egli è, più che l'antitesi, la negazione124; pertanto discreto e grosero, più che contrapposti propriamente fra loro, si negano a vicenda, parlano un diverso linguaggio ed il primo, più che lottare col secondo, lo disdegna.

Al contrario, nell'assoluto di una visione più profondamente religiosa, ogni uomo è persona ed ha una incommensurabile possibilità di raggiungere l'umana pienezza del bene o del male. Ché anzi la virtù, come affermava il Pinciano, ha bisogno di lotta per potersi realizzare125.

Ognun vede pertanto le risorse di drammaticità racchiuse in quest'ultima posizione e la loro carenza nella posizione di Moreto126.

Non ci pare tuttavia di poter scorgere in questa divergenza il passaggio da una posizione religiosa ad una laica127, bensì da una visione universale ed assoluta (e quindi certo più ascetica), ad una particolare e relativa; che, infine, potè anche essere un prodotto dell'estenuarsi della casistica.

  —92→  

Parecchie sono le commedie in cui le azioni dei due antagonisti si sviluppano su due piani diversi.

In La fuerza de la ley, il contrasto si svolge fra Alejandro e Demetrio, ma è assente ogni forma di lotta. Ciascuno dei due agisce secondo il proprio carattere, in azioni parallele, ed un vero scontro non si verifica mai; tanto che la reazione di Alejandro colpisce una terza persona, Nise, ed una quarta, il re Seleuco, interviene a risolvere la vicenda. In La misma conciencia acusa, la lotta contro il passionale duca di Parma a favore di Carlos è condotta dai Milanesi, mentre Carlos, hombre de espera, interviene solo alla fine, al momento opportuno. Una situazione consimile si verifica nel contrasto fra le due sorelle in Industrias contra finezas. César (El secreto entre dos amigos) si lascia persino sopraffare dal volgare Federico; non leva neppure proteste contro di lui ed è disposto ad accettare anche la morte senza reagire alle sue calunnie. Pur tenendo conto delle differenze di sfumature, analoghe osservazioni si posson fare, oltre che per El lindo Don Diego, per El Licenciado Vidriera (nel contrasto Carlos-Lisardo), El mejor amigo el Rey (Enrique - Alejandro e Filippo), Los hermanos encontrados (Carlos - Fadrique, benché quest'ultimo risulti meno sgradevole di altri), Hacer del contrario amigo (Carlos-Lope), Fingir y amar (Sigismundo-Fisberto), Hasta el fin nadie es dichoso (Sancho-García); e rientra in fondo in questo genere anche il contrasto fra i santi e il demonio (necio e ridicolo) in El más ilustre francès e San Luis Bertrán.

Tutti questi personaggi irrazionali, impulsivi, che agiscono in maniera ripugnante, sono lasciati a sé,   —93→   finché la razionalità degli uomini o delle cose trionferà su di loro. Sono gli estranei, che, introdottisi in un mondo armonico ed idealizzato, ne sono infine necessariamente scacciati, a meno che si ravvedano.

Quando poi il contrasto si svolge nell'interno di un personaggio, la situazione non muta. Costui avverte che qualcosa di estraneo alla sua persona (cioè alla ragione che con essa s'identifica) è penetrato in lui; e non lotta già per sopraffare la passione, bensì per riacquistare la ragione smarrita.


    Yo estoy sin mí, yo no mando
mi razón, yo no la rijo;
poder superior me arrastra,
sin ser dueño de mí mismo.


(Primero es la honra, I, 10, 234)                


Vera lotta non è dunque neppure quella con le passioni; per vincerle, basta allontanarsene:


    Pero de amor y honor he de apartarme,
y, la razón desnuda,
sólo aquí, como juez, considerarme
para apurar la duda.


(El defensor de su agravio; III, 8, 506)                


Il contrasto fra discreción ed irrazionalità, nelle varie forme di grosería o di necedad o, semplicemente, di esaltazione sentimentale, con tutte le gradazioni che esso comporta, è l'assunto di un buon numero di commedie moretiane; altre volte si condensa semplicemente in qualche episodio (come in quelli sopraccitati di No puede ser..., Lo que puede la aprehensión, De fuera vendrá... ecc.), ed in questa forma appare quasi in ogni lavoro moretiano.

  —94→  

Un altro forte numero di commedie svolge invece il contrasto fra la ragione (identificata pure, in questo caso, con la discreción)e l'inganno dei sensi. Avviene allora uno spostamento dal piano etico a quello teoretico. Come gli appetiti possono dominare la ragione, così i sensi hanno il potere di obnubilarla con le illusioni cui vanno soggetti. Il problema torna ad essere ben presto di natura morale, come è logico aspettarsi, date le premesse di ejemplaridad: l'inganno conoscitivo provoca l'insorgere della passione ed il tutto si risolve nuovamente nella vittoria della ragione sugli appetiti. La progressione è solitamente questa: la ceguedad dell'uomo dinanzi alla fallacia del dato sensibile (che riguarda in genere vista e udito) lo conduce alla locura, all'eccitazione passionale; di qui alla necedad ed alla grosería128.

E' chiaro, però, che il centro d'interesse è orientato piuttosto su di un piano che ha attinenza con i problemi conoscitivi, tanto che spesso questi lavori si concludono prima che l'inganno sensoriale degeneri nelle peggiori forme della passionalità.

Tanta diffidenza nel dato fornito dai sensi era già in Calderón, e da lui certamente la derivò Moreto. Tuttavia, Calderón puntava sulla dimostrazione del desengaño che i sensi arrecano ed in esso vedeva la possibilità per l'uomo di liberarsi dalle loro illusioni (La vida es sueño, El mágico prodigioso ecc.); per Moreto, invece, la possibilità di liberazione è in noi stessi, nella ragione che perennemente è in grado di diradare le tenebre in cui ci dibattiamo nell'accecamento dei sensi129.

In tale prospettiva s'inseriscono genialmente i   —95→   tradizionali equivoci, che assumono qui il significato quasi simbolico dell'inganno sensoriale. Ne è tipico esempio la delicatissima commedia Lo que puede la aprehensión, programmatica, in questo senso, perfino nel titolo. Non bisogna lasciarsi fuorviare dagli aspetti più appariscenti: l'insistenza della musica, l'amore che sorge per una voce melodiosa e le conseguenti peripezie galanti sono motivi eleganti e cortigiani di marca moretiana, ma non costituiscono l'essenza di questo lavoro. Il suo centro sta nell'ironica dimostrazione di quanto possano ingannare i sensi e di quanto fallaci siano le passioni che da essi sorgono.

La confusión de un jardín poi, vero prodigio di tecnica nel rispetto delle unità aristoteliche, appare addirittura come un mito, con tutta una sua coerente simbologia, anche se questi valori sono estremamente alleggeriti e nascosti dalla felice snellezza dell'invenzione. E' il mito dell'inganno dei sensi (e dei conseguenti equivoci), simboleggiato nell'estrema oscurità, della notte, su cui tanto insiste la commedia, che la ragione, di cui è simbolo fin troppo scoperto la luce portata al termine da Jusepa, infine disperde ed illumina. Lo stesso Don Jerónimo, il discreto di questa opera, brancola nonostante il suo raziocinio, ma costantemente si guarda dal lasciarsi trasportare dalle apparenze ed, alla fine, la sua lucidità razionale trionfa: hombre inapasionable, questo Don Jerónimo possiede veramente le doti di cui parla la massima dell'Oráculo: su misma superioridad le redime de la sujeción a peregrinas vulgares impresiones130. Parecchi altri equivoci di questo genere, con analoghe conseguenze, nascono col favore del buio e si dissipano   —96→   alla luce. Così accade a Lucrecia (San Franco de Sena), che, ingannata dall'oscurità della notte, si lascia rapire da Franco. Del buio approfitta Federico (El secreto entre dos amigos) per nascondere il suo tradimento ed ingannare il duca di Ferrara. Allo stesso modo, cioè nell'oscurità notturna o nell'incerta luce del crepuscolo, sorgono i sospetti amorosi con i conseguenti casi d'onore; non di rado appare, come ingrediente importante, lo scenario di un giardino. Così appunto si formano i sospetti del duca nel Defensor de su agravio, di Don Diego nella Traición vengada, di Ramiro in Los jueces de Castilla, nonché i vari e complessi equivoci de La fortuna merecida, di Fingir y amar e di Antíoco y Seleuco.

Il valore simbolico che abbiamo attribuito all'oscurità ed alla luce trova conferma ancora una volta nell'opera di Gracián. Nella Crisi V della Parte II del Criticón, il volgo, hijo primogénito de la ignorancia, riempie la piazza de tan horrible obscuridad que no vieron más el Sol de la verdad ed Andrenio si salva grazie all'aiuto del saggio Cécrope, la luz que la antorcha de su saber le comunicaba131. Più avanti Critilo e Andrenio incontrano Lucindo, un varón prodigioso, il quale sprigiona una luce che teneva racchiusa allá en los más íntimos senos del celebro e che serve ad illuminare la via della virtù132. Il palazzo incantato si disfà non appena si apre uno spiraglio di luce, así que en amaneciendo la luz del desengaño, anocheció' todo artificio. Si trova perfino il motivo della fiaccola simbolo della chiarificazione razionale (come in La confusión de un jardín ed in Antíoso y Seleuco): nel sotterraneo del Mesón de la vida entrano personaggi   —97→   vestiti a lutto i quali traían antorchas amarillas en las manos, no tanto para alumbrar los muertos, cuanto para dar luz de desengaño a los vivos, que la han bien menester133.

Tutti i motivi che abbiamo finora analizzati, ma particolarmente quest'ultimo dell'inganno dei sensi, confluiscono quando Moreto affronta situazioni d'amore e d'onore, ossia i temi più frequenti delle comedias de capa y espada.

Per quanto concerne l'amore, sostiene la Kennedy che, trattandosi di una forza irrazionale, non può essere incasellata nel mondo moretiano, per cui l'autore l'osserva quasi senza capacitarsene, contemplandone l'incanto che nasce da quella che vien definita reason of the lack of reason134.

Se così fosse, davvero non so quanto valida potrebbe riuscire l'interpretazione di un Moreto tutto volto al raziocinio, quando l'amore è motivo ricorrente di quasi tutto il suo teatro.

In realtà, sebbene Moreto riconosca la tendenza dell'amore alla sfrenatezza irrazionale, tuttavia scorge la possibilità di sottoporre anche questo sentimento al dominio della ragione.

Egli sa che esso tende immediatamente a ingigantirsi per condurre a tutti gli eccessi tipici dell'esuberanza passionale, finché non approdi a quella forma di desengaño in cui cadono gli esseri irrazionali e che consiste nel cozzare contro la dura realtà.

Nella commedia Yo por vos y vos por otro, Doña Margarita descrive questo crescendo dell'amore, paragonato ad un mare agitato in cui coloro che vi navigano affrontano i vari pericoli della mudanza, del   —98→   desdén, dell'enfado, della tibieza, dell'olvido, ed infine


la tempesta de los celos.


Da ultimo:


y de tanto peligrar
vienen todos a parar
al puerto del desengaño.


Ma da che nasce questo desengaño? Dall'illusione dei sensi, che avevan promesso più di quel che potevano; dal gusto che, come ogni irrazionale, logicamente sfocia nel nulla. Così, infatti, continua l'eroina moretiana:


el gusto más colmado,
deseado o conseguido,
baja siempre poseído,
de lo que fué deseado.
Cuando el deseo le alcanza,
cansa a la imaginación;
que siempre la posesión
es menos que la esperanza.


(Yo por vos y vos por otro, III, 1, 385)                


La commedia da cui abbiamo tratto queste citazioni narra di due fanciulle che, per uno scambio involontario dei ritratti dei loro promessi, s'innamorano all'opposto dei giovani pretendenti, per cui Don Iñigo, che ama Doña Margarita, è amato invece da Doña Isabel, e, viceversa, Doña Margarita ama Don Enrique, innamorato a sua volta di Doña Isabel. Visto vano ogni tentativo di ridurre le donne ai loro voleri,   —99→   i due giovani si dichiarano infine disposti a rinunziare ai loro gusti


porque nazca...
un nuevo amor, hijo noble
del entendimiento solo...


Al che allora le donne ribattono che la soluzione più razionale si avrà, ove siano esse a cedere alle preferenze degli uomini. Così ancora Doña Margarita:


¿Quién os dijo que es tan corto
nuestro discurso, que el útil
que queréis para vosotros
siendo mejor para nuestro,
lo perderá por antojo?
Mejor está a las mujeres,
por lustre de su decoro,
ser queridas; que en los hombres
está el amor más airoso.
Dar hielo a fuego es más proprio
en mí que dar fuego a hielo,
porque es riesgo y no decoro.


(Ibid., III, 15, 390)                


Dal che è facile dedurre come anche l'amore possa rientrare perfettamente in questo mondo, a patto però che si assoggetti alla ragione e che, quando se ne prospetti l'irriducibile irrazionalità venga abbandonato o sostituito da altro amore figlio del raziocinio.

Un sentimento siffatto, hijo del entendimiento, non è altro che l'amor hijo de la razón di León Hebreo, la cui opera non poteva essere ignorata da Moreto.

Sulla scorta dei Dialoghi d'amore, il nostro autore infatti distingue nettamente fra amor sensuale ed amor razionale. Ecco descritto il secondo:

  —100→  

    Amor perfecto no ha habido
sino engendrado del trato,
donde el sugeto se ha visto
con todas sus condiciones,
y hayan hecho los sentidos
una información bastante,
con que proponen que es digno
de amor a la voluntad;
y ella entonces, sin peligro
de hallar cosa que la tuerza,
se entrega por el aviso.
Y el amor que de esto nace
es el perfecto y el fino,
y el que sólo con la muerte
puede llegar al olvido.


(Lo que puede la aprehensión, I, 1, 168)                


E' facile ravvisarvi la dottrina di León Hebreo, che così esprime Filone a Sofia (nella traduzione dell'Inca Garcilaso): El perfecto y verdadero amor, cual es el que yo te tengo, es padre del deseo e hijo de la razón, y en mí lo produjo la derecha razón cognocitiva, que, conociendo haber en ti virtud, ingenio y gracia de no menos admirable atracción que de grande admiración, mi voluntad, deseando tu persona, que rectamente fué juzgada por la razón ser en toda cosa bonísima y excelente y digna de ser amada, se aficionó135.

Il passo moretiano così prosegue:


Porque el que nace de ver
un sugeto tan divino,
que el albedrío arrebata,
nunca puede ser ni ha sido
más que inclinación violenta,
—101→
movida del apetito.
Y esto, si para lograrse
halla imposible el camino,
crece con tanta violencia,
que equivocan el oficio
del amor fino y perfeto,
sus ansias y sus suspiros;
mas no puede ser amor
de que es evidente indicio
el que las más veces muere
en el logro del designio.
Y esto nace de dos causas;
una el haber aprehendido
perfección en el sugeto,
que no halló, y esto le hizo
parar a la voluntad:
que siguiera su camino
si hubieran hecho primero
su información los sentidos.
Otra, que apetito solo
pudo ser, y este delirio,
en llegándose a lograr
muere luego de sí mismo.
Con que, apetito y amor
y inclinación son distintos:
en que amor hecho del trato
dura a pesar de los siglos;
la inclinación tiene riesgo
de hallar falta que no ha visto;
y el apetito logrado
deja de ser apetito.


(Ibidem)                


Non diversamente i Dialoghi: El amor es de dos modos. Al uno engendra el deseo o apetito sensual, que, deseando el hombre alguna persona, la ama, y este amor es imperfecto, porque depende de vicioso   —102→   y frágil principio, porque es hijo engendrado del deseo.... y en éste es verdad... que, cesado el principio o apetito carnal por su satisfacción y hartura, en continente cesa totalmente el amor...136

E', tuttavia, da notare che Moreto apporta qualche ritocco alle concezioni di León Hebreo. Anzitutto laddove quest'ultimo distingue semplicemente fra ragione e appetito, il nostro autore aggiunge un'ulteriore distinzione fra un errore d'ordine morale (apetito) e d'ordine conoscitivo (inclinación). Questa maggiore precisazione è, in primo luogo, determinata dall'assunto della commedia, in cui per l'appunto si vuole dimostrare l'inganno del dato puramente sensoriale (i versi el haber aprehendido / perfección en el sugeto / que no halló richiamano il titolo stesso dell'opera).

D'altro canto, l'inserimento dell'inclinación permetteva a Moreto di presentare casi amorosi riprovevoli, ma non lesivi della dignità e del decoro dei suoi personaggi; cosicché, se l'amore figlio dell'appetito è decisamente respinto, quello figlio dell'inclinación è suscettibile di razionalizzazione. Infatti, nella commedia in esame, il fallace amore del Duca di Milano per la cugina Fenisa, fallace perché fondato soltanto sul dato auditivo, diviene, una volta chiariti gli equivoci, logico e legittimo.

Quest'intervento del raziocinio, che sopraggiunge talvolta a guidare l'inclinazione, non trova invece nei Dialoghi d'amore che una rispondenza molto pallida. Per Leone l'amore, benché figlio della ragione, non è governato da essa; chi lo guida è una razón extraordinaria che è assai più vicina al cuore che non   —103→   all'intelletto137. Si direbbe, insomma, che Moreto si preoccupi di evitare ogni forma d'esaltazione, comprese le più nobili dell'amor platonico.

Nello stesso passo surriferito è evidente che l'autore insiste sull'apporto razionale, giacché non si limita ad affermare che l'amore sorge per impulso della ragione conoscitiva, dopodiché diviene dominio della volontà; ma subito esige l'intervento della ragione etica (el aviso), che provveda a dirigere la volontà stessa.

Ed ecco, apertamente descritto, un caso in cui il punto di partenza è l'irrazionale inclinación. La saggia Astrea, che deve scegliere fra i due pretendenti, l'ha provata subito per uno di essi; ma si affretta a precisare:


aunque en las mujeres
es bastante este principio
para dejarse llevar
del amor al precipicio,
en mujeres como yo,
que han de querer con aviso,
por razón, por conveniencia,
por virtud y por alivio,
aunque esté la inclinación
tan cerca del apetito,
hay un escalón muy alto
de inclinación a cariño.


Ciononostante l'amore procede a grandi passi:


...mi inclinación
empezó a entrar en cariño
y a vestir de voluntad
la desnudez del destino.


  —104→  

Ed ecco intervenire la ragione conoscitiva, la quale riconosce che il giovane possiede doti notevoli:


Todas sus acciones llevan
luz de más garbo y más brío,
y creciendo por instantes
mi afecto con este juicio,
ha llegado ya mi pecho
a poco menos indicio
que sea amor declarado....


A questo punto, secondo León Hebreo, ci sarebbe l'amor perfetto, ma per Moreto occorre un nuovo processo di razionalizzazione; infatti la dama subito soggiunge:


mas a este tiempo el aviso
me ha tirado de la rienda...


(Amor y obligación, II)                


costringendola ad una condotta riservata, finché non si definisca meglio l'amore che le si addice. E tanto procede in questo cammino del raziocinio da esser disposta a far prevalere l'obligación, tanto razionale da identificarsi con la ragion di stato, su di un sentimento che pure presentava tutte le caratteristiche della purezza e della legittimità.

Comunque, a parte questo scrupolo di maggior razionalità, il testo dei Dialoghi d'amore Moreto lo ebbe certo presente. Vi si richiama, per esempio, anche la seguente precisa distinzione fra amar e querer. Antioco dichiara di provare per la cugina Astrea


un linaje de cariño
que, aunque es amar, no es querer;
—105→
que en el querer es preciso
que haya deseo, y amores
sin deseo hay infinitos.
Y este amor, que en el querer
se hace de otro distinto,
es hijo de la admiración...
mas dos que siempre se han visto,
como incapaces están
de esta admiración que digo,
aunque se aman no se quieren;
que es efecto muy distinto
el quererse con deseo
o el amarse con cariño.


(Antíoco y Seleuco, I. 3, 41)                


Il che ricorda appunto le pagine di Leone sulla distinzione fra amor e deseo, ilprimo delle cose possedute, il secondo di ciò che manca; naturalmente nel testo moretiano se n'è alleggerito il sustrato filosofico138.

Altro motivo di parentela fra le due opere è reperibile nella ripetuta affermazione che l'appagamento del desiderio genera nausea; ma si tratta peraltro di motivo così sfruttato da tutta la letteratura del desengaño che invero diviene impossibile scorgervi l'ascendenza a León Hebreo, come pure vedervi uno spunto proprio del nostro autore.

Più vicina a Gracián appare la riprovazione del desiderio che nasce per il frutto proibito. «¡Oh bajeza del deseo!», esclama Carlos nel Desdén: per causa sua si aspira a ciò che pare difficile da raggiungersi e gli si attribuiscono pregi che in realtà non possiede. Frutto dell'immaginazione, non può che condurre al disinganno, non diversamente dal desiderio che nasce   —106→   dagli appetiti.

E, del pari, in Yo por vos y vos por otro, così commenta Doña Margarita l'amore che è nato dalla ripulsa:


...por ley irrevocable
de nuestra naturaleza,
cualquier cosa, humilde o grande,
no tiene precio en su ser
sino en que nuestro dictamen
la aprecia como difícil,
u desprecia como fácil139.


(III, 7, 388)                


Anche l'amore dunque, per aver diritto di cittadinanza nel composto mondo moretiano, deve salvaguardare la fondamentale istanza del razionale decoro. Cosicché i vari casi si risolvono col trionfo dell'amore razionale sull'irrazionale. Non ci soffermeremo ad esaminare particolarmente le molteplici situazioni del genere, in quanto si tratta di motivo fin troppo evidente in moltissime commedie; basti citare, oltre al capolavoro El desdén con el desdén, El poder de la amistad, La fuerza de la ley, Primero es la honra, El Licenciado Vidriera, Industrias contra finezas, Yo por vos y vos por otro, El defensor de su agravio, El Eneas de Dios, Fingir y amar, Hasta el fin nadie es dichoso, La gala del nadar, Amor y obligación, La negra por el honor, in cui il contrasto tra le due forme d'amore è motivo centrale dell'intera commedia.

Di conseguenza, anche nei rapporti fra innamorati, la ragione è sempre vigile e la discreción dell'uomo s'accompagna a quella della donna, che spesso si   —107→   identifica col recato. E se entrambe sono disposizioni naturali di persone bennate (dirà Porcia in Primero es la honra, II, 4, 237: ¿...si sabe que mi recato / es en mi naturaleza?), hanno tuttavia costantemente bisogno della ragione che le appoggi. In De fuera vendrá... (II, 1, 64), l'innamorato Lisardo, pur ammettendo che il suo amore si sta accendendo, se va pasando a furor, descrive così i suoi segreti incontri con Francisca:


A pintaros no me atrevo
el primor, la discreción
de su amor casto y discreto;
y sólo explico el primor
con deciros que mi amor
ha vencido su respeto;


(amor è oggetto), tanto che non ha saputo far altro che baciarle la mano, per di più senza alcuna sensualità:


y esto por ser reverencia.


La riservatezza è d'obbligo nella donna: l'accettare con troppa disinvoltura la corte degli innamorati indica che la dama, come avverte Umbelina in El más ilustre francés (A. I):


o está muy mal con su honor
o tiene muy poco de cuerda.


In Yo por vos y vos por otro, Doña Isabel ammette che l'amore domini ogni cosa, con una sola   —108→   eccezione tuttavia per il decoro; in tal caso


si las leyes de honor quiebra,
por los fueros del recato
le negaré la obediencia.


(II, 8, 383)                


Una siffatta legge del decoro è talmente rigorosa che non solo nessun personaggio femminile vi si sottrae, ma neppure si verifica mai il caso di un uomo che provi la minima inclinazione verso una donna che non vi obbedisca140.

Tuttavia, se Moreto vuole la donna recatada, non le chiede pertanto d'esser scostante, asociale, colpa altrettanto grave. In quest'eccesso cade appunto Diana, la quale, spingendo la riservatezza fino all'assurdo,


tocaba ya en grosería.


Il poeta ne approfitta per mettere in bocca a Carlos una precisa distinzione:


que a las damas de tal nombre
puso el respeto dos líneas:
una es la desatención
y otra el favor; mas la avisa
que ponga entre ellas la planta
tan ajustada y medida,
que en una ni en otra toque;
porque si de agradecida
adelanta mucho el pie,
la raya del favor pisa
y es ligereza; y si entera
mucho la planta retira,
por no tocar el favor,
—109→
pisa en la descortesía.


(El desdén con el desdén, I, 1, 2)                


Vale dunque, anche in questo caso, come per il sentimento amoroso in generale, l'aurea legge del giusto mezzo141.

E' logico che in una tale prospettiva la gelosia rientri nel dominio dell'irrazionalità. In molti casi (come si accennava prima), non è che il prodotto di un inganno sensoriale, in linea di massima ottico, ed il cedervi è necessariamente riprovevole.

Il risultato di essa è un atteggiamento poco dignitoso per il geloso e addirittura offensivo per la donna che viene sospettata. Già s'è visto come Doña Luisa in El Caballero, rimproveri l'innamorato di lasciarsi trasportare ad un linguaggio grosero. Nella già citata commedia Yo por vos y vos por otro, Doña Isabel giunge a definire la gelosia offensiva del suo decoro:


él que me pide celos
desconfía de mi amor...
El que de mi amor no fía
supone en mí falso trato
y quita de mi recato
todo lo que desconfía...
Que no quiero ser querida
a costa de mi decoro.


(III, 2, 386)                


Ne consegue che i «casos de honra» in dipendenza da «celos» raramente appaiono giustificati. Come infatti Moreto distingue fra amore razionale ed irrazionale, la medesima distinzione, sebbene in termini più ristretti, applica al concetto dell'onore. Può   —110→   cioè esistere un senso dell'onore puramente sentimentale ed impulsivo oppure fallace ed improprio: in tal caso dev'essere scacciato e superato dal raziocinio142.


No sea aquí que el pundonor...
me baraje la razón.


(Trampa adelante, II, 10, 154)                


Per rifarci ad un passo già citato del Defensor de su agravio è interessante rilevare che l'onore, falso perché fondato sull'inganno dei sensi e perciò moto passionale, è associato all'illecito amore e contrapposto alla ragione:


Pero de amor y honor he de apartarme
y, la razón desnuda,
sólo aquí como juez considerme
para apurar la duda.


(III, 8, 506)                


Necessariamente, in questi casi, un amore lecito, razionale vale più di un onore fallace. Assolutamente illogico è, per fare un esempio, il senso dell'onore che induce Alejandro, ancora nel Defensor, ad abbandonare l'amata Nisea, avendo appreso che di lei s'è innamorato il duca; tanto che Nisea gli dichiara:


Anduviste muy privado,
pero no muy caballero.


(I, 6, 495)                


il che significa: «avete ceduto ad un senso dell'onore falso ed interessato ed avete dimenticato il vero»,   —111→   che, in questo caso, consisteva nella difesa del proprio amore.

Tutto ciò conduce ad una più vasta indagine intorno al motivo dell'onore in Moreto. Il nostro autore non vi apporta, in genere, grandi innovazioni, ma non manca, oltre alla distinzione suaccennata, di alcuni spunti originali.

Premettiamo che l'onore è per Moreto uno dei fondamentali pilastri della sua patria e del viver civile ed egli non pensa certo a scalzarlo; né sono indicative in questo senso le proteste contro le sue ferree leggi, che non sono una novità nel teatro spagnolo.

Talvolta poi i suoi casi d'onore sono volti a tonalità più cortigiane e trattano problemi concernenti i duelli: e, a proposito di essi, l'autore non è affatto insensibile al bel colpo di spada e riconosce nell'abilità del duellante un attributo di nobiltà. Sennonché anche qui pone dei limiti:


que padece mucho engaño
quien piensa que es valenía
sólo herir...


(El Caballero, II, 2, 297)                


Né gli piacciono gli spadaccini, pronti a snudare l'arma ad ogni pie' sospinto, cosicché fa dire ad un gracioso:


si el morir no se excusa,
el matar es valor de asno143.


(No puede ser..., III, 3, 202)                


Infine, anche quando vengono affrontati i casi più   —112→   gravi, si deve andare estremamente guardinghi:


en cosas de la honra
no hagáis tan presto el juicio temerario.


(Ibid., II, 5, 196)                


poiché la honra


probarla es desatino,


come accadde a quel tale che, volendo provare la robustezza di una spada, la mandò in frantumi (Lo que puede la aprehensión, I, 1, 168).

Insomma, se quella dell'onore è una legge ed è assurdo volerla infrangere, è pure stolto ed illecito abusarne. Don Félix, nella prima parte de El Caballero, vi si sottomette quasi rassegnatamente, senza animosità alcuna e, si direbbe, perfino senza troppa convinzione; per questo può fregiarsi del titolo di caballero per antonomasia, perché, in ognuna delle situazioni in cui viene a trovarsi, è sempre presente a se stesso, dimostrando quell'audacia discreta, o cuerda intrepidez, che, secondo Gracián, è una delle cause del señorío en el decir y en el hacer. Tuttavia, nellaseconda parte della commedia, anch'egli si lascia trasportare dall'inganno dei sensi e pone l'onore a servizio delle sue illusioni, per cui la sua condotta apparirà come una serie d'errori, un comportamento irrazionale.

Ne consegue, qui come altrove, la norma che il sospetto non è ragione sufficiente per l'intervento delle leggi dell'onore, mentre per Calderón esso poteva costituire una valida giustificazione per la vendetta.   —113→   Anzi Moreto giunge ad affermare che, in caso di sospetto geloso, il dubbio dovrebbe essere a favore dell'essere amato:


Si vista una ofensa, mata,
no hay sentido o no hay amor
en quien pudiendo dudarla,
contra el alma la creyó.


(Trampa adelante, II, 11, 154)                


Oltre al Caballero, altre commedie, quali Primero es la honra, Cómo se vengan los nobles, El defensor de su agravio, le quali svolgono il tema di honra e celos, presentano appunto casi di sospetti infondati che determinano un uso irrazionale della legge dell'onore ed in cui l'intervento del raziocinio varrà a riportare ogni cosa alle giuste proporzioni.

Assai più rare invece sono le situazioni che si risolvono attraverso l'applicazione del codice d'onore nelle sue forme più violente; ed anche in questi casi s'avverte il desiderio d'attenuare la crudezza del gesto.

In Primero es la honra, l'Almirante decide di uccider la figlia dopo aver constatato l'impossibilità di ricorrere ad altre soluzioni144, ma l'odiosità del fatto è attenuata dalla scampata morte della fanciulla. Ne La fuerza de la ley si ha un caso d'omicidio, ma si tratta d'un'adultera colta in flagrante. Nella Traición vengada, uncavaliere, che ha ricevuto uno schiaffo pubblicamente da un individuo in maschera, salva il suo onore uccidendo il primo che incontra; costui, come vuole il fin dichoso, eraproprio il colpevole. Tuttavia anche qui non appare una vera convinzione dell'autore (il quale si preoccupa di   —114→   far dare il consiglio fra mille esitazioni e con l'avvertimento che non si tratta certo d'un'azione cristiana), sebbene il gusto per una soluzione brillante.

In generale la vendetta, nei vari casi d'offesa, non incontra le simpatie di Moreto (che, in questo, pure s'accorda con i vari moralisti che ponevano le scene di venganza tra i mali esempi delle commedie). Preferisce abitualmente il perdono e le riparazioni: Cómo se vengan los nobles spiega appunto che i nobili si vendicano perdonando; si badi, però, come s'è già rilevato, al valore puramente razionale di questo perdono non dettato da amore cristiano.

Troviamo confermata teoricamente questa posizione di Moreto nella risposta data da Fernando (Industrias contra finezas, I, 3, 271 sg.) alla questione accademica se sia meglio veder la propria dama morta o in potere altrui. Egli si schiera per il perdono:


¿Cuánto más fino es mi amor,
más hidalgo y de más precio,
si la perdono el desprecio,
a costa de mi dolor?


Roberto ribatte che questa è humildad, bajeza, flaqueza, che infine


amor es, mas no hidalguía.


Al che il discreto Fernando:


Más hidalga es la piedad.


E poco dopo:

  —115→  

Eso es quererme yo a mí,
a esto es quererla yo a ella.


Di queste sue convinzioni darà ben presto prova: vedendo che Dantea sta per essere imprigionata, benché si creda abbandonato da lei, decide di soccorrerla:


una cosa son los celos,
y otra mi dama en peligro.


(II, 21, 281)                


Donde si rileva come anche i problemi connessi ai casi d'onore s'inseriscano in quella prospettiva di socialità di cui s'è parlato, e in modo talvolta antitradizionale.

Nei due casi ora citati, il perdono appare anche esso come una forma di discreción: in determinate circostanze esso può risultare la maniera più adeguata un modo di far brillare di comportarsi e soprattutto è un modo di far brillare le proprie doti. E' un vencerse a sí mismo, un desapasionarse che, attraverso la repressione di passioni poco nobili, raggiunge lo scopo di arricchire di maggior nobiltà la personalità del discreto: la pietà di cui parla Fernando e di cui fa uso Ramiro, non e, pertanto, ispirata alla virtù della carità, bensì all'hidalguía. Perciò non si manifesta come un gesto spontaneo, ma è sempre il frutto di una meditazione: Fernando si slancia generosamente al soccorso di Dantea, ma gli occorre un istante di riflessione prima di farlo145.

Che la difesa del proprio onore sia compito di ogni nobile individuo è per Moreto verità pacificamente accettata; tuttavia, quando si tratti di difendere un onore fallace a scapito dell'autentico onore   —116→   altrui, allora occorre rinunziarvi ad ogni costo. Nel Defensor de su agravio, il duca, ravvedutosi, mette a repentaglio vita ed onore pur di salvare l'una e l'altro alla moglie che ha riconosciuta innocente. Ma si può giungere anche più in là, come avviene nel Secreto entre dos amigos, in cui, in una gara di generosità, César e Porcia rinunziano ciascuno al proprio onore (lecito) in favore di quello altrui; César, per salvare l'onorabilità di Porcia, rischia una morte infamante, ma la fanciulla, animata dalla medesima preoccupazione nei confronti di lui, rischia a sua volta la deshonra, rivelando il suo notturno convegno d'amore.

Le esigenze del proprio onore incontrano dunque dei limiti negli altri, secondo le leggi dell'umana convivenza146.

Abbiamo tentato di riassumere ed inquadrare i principali motivi animatori del teatro di Moreto e, tranne qualche breve citazione, ci siamo soffermati essenzialmente sulle opere di carattere profano.

Per i lavori religiosi tuttavia non esiste un problema particolare: essi rientrano perfettamente in questo schema spirituale ed è chiaro pertanto che la loro pietà è più intenzionale che reale. In un mondo razionale come questo, gli slanci della santità difficilmente possono trovar modo d'effondersi. Questi santi sanno troppo di discretos e di nobles per poter convincere il lettore e troppo fan ricordare la frase di Gracián sull'aliño della santità.

In che poi consista la santità, Moreto non seppe   —117→   probabilmente mai intendere, per cui dovette ricorrere ad espedienti, nel tentativo di rappresentarla.

Franco de Sena, per esempio, è presentato quasi selvaggio (rapitore, giocatore, omicida, blasfemo, ecc.) nella prima parte del lavoro, al fine di mettere in luce la santità successiva. E diviene santo per intervento superiore, non per forza propria: si gioca gli occhi bestemmiando e rimane miracolosamente cieco; di qui avrà inizio la sua conversione.

Tuttavia San Franco de Sena è lavoro abbastanza pregevole nel suo complesso, non privo di drammaticità e pervaso anche da un certo senso religioso. Gli altri santi moretiani sono di una freddezza rigida. Bernardo è santo per sottinteso, ma dalla commedia risulta soltanto che compie atti miracolosi, senza che si riesca a capire la ragione per cui Dio gli avrebbe elargito tanto potere. Il solo atto virtuoso, se così lo si può chiamare, consiste nel rinunziare all'amore di Matilde, per obbedire al dovere, che è un contrasto, molto attutito, fra ragione e sentimento. Una sorta di lotta fra amor e obligación, insomma, che ritorna, in forma più viva e drammatica, in La vida de San Alejo, in cui la santità appare, all'inizio, umana e conquistata (purtroppo però tale non è la situazione nel resto del lavoro, che degenera nella consueta freddezza). Allo stesso modo, ma con vivezza minore, San Luis Bertrán, per darsi alla vita religiosa, rinunzia all'amore di Marcella; dopo di che diviene anche lui taumaturgo, ma con un piglio più da stregone che da santo.

In tutti i casi suaccennati, non si assiste ad una conversione, ma ad un passaggio da posizioni sentimentali al dominio della ragione. Alejo, come tanti personaggi   —118→   moretiani, così esprime la sua lotta interiore:


sin corazón, sin corporal aliento
voy dando en el camino de la vida
pasos de la razón contra el sentido.


(A. II)                


Le altre comedias de santos, di cui è riconosciuta la paternità di Moreto, senza intervento di collaboratori, ossia Nuestra Señora del Aurora e Los más dichosos hermanos non sono che commedie de enredo, in cui il motivo religioso appare a malapena; sono così fiacche da non rivelare alcun apporto vivo della personalità dell'autore.

Quanto all'auto La gran casa de Austria y divina Margarita, esula logicamente da quest'indagine: è tutto fondato sul meraviglioso, su disquisizioni teologiche, su interventi soprannaturali, e non giova ad altro che a rivelare l'incapacità di Moreto di concepire drammaticamente il soprannaturale147.