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Gabriel García Márquez: Un' epopea della sconfitta

Giuseppe Bellini



Cubierta



Alla presenza viva
di Mario e di Ivana Bulzoni



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ArribaAbajoPremessa

Nel corso degli anni in molteplici occasioni ho avuto modo di considerare l'opera narrativa dello scrittore colombiano Gabriel García Márquez che, dopo lo straordinario successo internazionale di Cien años de soledad, nel 1982 ricevette il Premio Nobel per la letteratura1. In buona parte a questo suo successo si deve l'interesse che ha dominato, e ancora domina, il pubblico lettore, non solo la critica, nei riguardi della letteratura ispanoamericana; interesse che a suo tempo aveva avuto fomentatori negli scrittori precedenti al boom, tra essi il cubano Alejo Carpentier, ma soprattutto il guatemalteco Miguel Ángel Asturias, anch'egli Premio Nobel anni prima, nel 1967.

Per quanto attiene all'Italia fu proprio Asturias, negli anni del suo esilio genovese, a farsi promotore della diffusione della narrativa latinoamericana, non solo ispanoamericana, con saggi e conferenze e un'attiva presenza nelle università italiane, in particolare presso l'Università Bocconi di Milano, dove io insegnavo, e l'Università Ca' Foscari di Venezia, quando là mi trasferii.

Tuttavia, agli scrittori citati, veri e propri giganti della narrativa americana, non arrise, e non solo nel nostro paese, l'immediato e ampio successo che toccò a García Márquez. I tempi erano ancora in qualche modo pionieristici per quanto riguardava la diffusione della letteratura dell'America ispana, o lusitana, anche se l'argentino Jorge Luis Borges godeva già di una ben affermata fama presso gli intellettuali, di destra come di sinistra, un favore che divenne vero e proprio culto, malgrado le sconcertanti contraddizioni politiche dello scrittore nei suoi ultimi anni.

Il successo di García Márquez fu un fenomeno sorprendente e diede il via in Italia a una frenetica attività traduttoria, che si riflettè anche su altri scrittori, come Carlos Fuentes, Mario Vargas Llosa, Ernesto Sábato, Augusto Roa Bastos, Juan Carlos Onetti, Julio Cortázar, tra i vari, ma va riconosciuto, è doveroso farlo, che   —12→   l'avvio di tanto interesse si deve a Enrico Cicogna, che con la traduzione di Cien años de soledad, apparsa presso Feltrinelli nel 1967, diede il via alla diffusione della narrativa ispanoamericana e al suo successo nel nostro paese.

L'ultima fatica di Cicogna fu la traduzione di El otoño del Patriarca, la cui pubblicazione non riuscì a vedere realizzata. L'editore, Feltrinelli, dovette attendere, infatti, parecchio tempo l'autorizzazione di García Márquez alla pubblicazione del testo già in bozze. Il grande successo internazionale di Cien años de soledad, come in qualche caso accade, aveva indotto nello scrittore il comprensibile timore che la sua nuova opera potesse rivelarsi non all'altezza della precedente2.

Nulla di sorprendente: un grande successo improvviso può condurre anche all'inaridimento della vena creativa. E' quanto accadde, del resto, a Juan Rulfo, dopo il successo di Pedro Páramo: non scrisse mai più il romanzo di cui continuamente prospettava prossima la conclusione. Io stesso cercai, un giorno, a Città del Messico, di formalizzare con lui un contratto per una casa editrice milanese, ma lo scrittore solo mi fu generoso di promesse e di manifestazioni d'affetto3: se si considera la natura estremamente timida di Rulfo, si può affermare tranquillamente che Pedro Páramo aveva ucciso il suo autore, la cui vera fama è, ancora oggi, legata a questo romanzo.

Per quanto attiene a Gabriel García Márquez il momento di dubbio di cui sopra fu solo passeggero. La creatività dello scrittore non ne rimase minimamente intaccata ed egli andò accumulando racconti e romanzi, senza disdegnare altri generi, dal giornalismo al teatro, alle memorie.

Nelle pagine che seguono rivolgo la mia attenzione solamente alla produzione romanzesca, pur avendo ben presente il resto dell'attività creativa del colombiano, nonché taluni aspetti della sua vita, della sua militanza e delle curiose relazioni con uomini politici per qualche tempo simbolo di un possibile riscatto dell'America Latina, più tardi arroccati nella meno illuminata conservazione del potere.

García Márquez è, come noto, oltre che autore di romanzi anche un prolifico autore di racconti. Fino ad oggi egli ne ha pubblicato quattro volumi: Ojos de perro azul, Los funerales de la Mamá Grande, La increíble y triste historia de la cándida Eréndira y de su abuela desalmada, Doce cuentos peregrinos.

Nel lasso temporale coperto da queste raccolte si coglie una interessante progressione, che corrisponde alla maturazione dello scrittore, anche se talvolta l'interesse di alcuni racconti finisce per esaurirsi in un finale scontato. Non v'è dubbio, comunque, che dalla tematica ossessionata dalla morte, presente in forme surreali e quasi patologiche nella prima raccolta, la gamma degli argomenti si amplia, e con essa l'originalità   —13→   e la maturità dello stile: una scrittura che coniuga in modo del tutto nuovo la realtà con la fantasia, cui dà rilievo una personalissima aggettivazione che fa della scrittura di questo autore qualche cosa di inconfondibile.

I personaggi acquistano nuove dimensioni, pur incidendo sempre in una realtà che è quella che in primo luogo motiva la scrittura del narratore; personaggi che preludono ad altri che avranno sviluppo nei romanzi. Mano a mano che si avanza nel tempo anche la dimensione dei racconti si amplia, fino a divenire, come è il caso de Los funerales de la Mamá Grande e de La increíble y triste historia de la cándida Eréndira y de su abuela desalmada, veri e propri romanzi brevi, soprattutto l'ultimo, dove la fantasia regna sovrana prospettando situazioni e paesaggi di estrema tensione, cui si mescolano elementi autobiografici, per sfociare in un finale tragico, che pone fine a un'assurda situazione di schiavitù e di sesso.

Fanno eccezione i Doce cuentos peregrinos, alcuni dei quali danno l'impressione di essere recupero di testi di altra epoca. A quest'ultima raccolta l'autore premette un interessante prologo, nel quale traccia una sorta di storia della sua necessità di raccontare, alludendo a un progetto destinato a trascinarsi per anni, perché «escribir un cuento es tan intenso como escribir una novela»4, finché tra tentativi frustrati ed eliminazioni, perseguite conferme di elementi radicati nella memoria, ma ormai inesistenti, che rendono i ricordi tanto convincenti da soppiantare la realtà5, si fa indistinguibile la linea divisoria tra delusione e nostalgia, ed è questa la soluzione giusta: «Pues por fin había encontrado -scrive García Márquez- lo que más me hacía falta para terminar el libro, y que sólo podía dármelo el transcurso de los años: una perspectiva en el tiempo»6.

Per quanto validi, tuttavia, i racconti dello scrittore colombiano non sono destinati a esercitare sul lettore l'impatto dei romanzi, anche se egli ha dichiarato di ritenere il racconto superiore al romanzo7; essi rimangono, per quanto originali, una sorta di contorno, utile, ma non necessario, talvolta piuttosto prime prove per ulteriori sviluppi nei romanzi. Su quest'ultima produzione, infatti, si fonda essenzialmente la rilevanza dello scrittore colombiano nell'ambito di una letteratura che egli ha rivoluzionato, assicurandosi un prestigio che non potrà essere oscurato. Con la sua opera narrativa egli si immerge in una realtà dolente, sentita in carne viva, quella di un'America latina della cui ansia di riscatto si fa portavoce, denunciandone, al contempo, pur tra mille invenzioni e fantasie, l'inquietante condizione umana.





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ArribaAbajoLa hojarasca

Libro dei misteri


Un testo remoto e quasi dimenticato questo del primo romanzo di Gabriel García Márquez, ma vale la pena di tentarne una rilettura per cogliere in esso i segni annunciatori di quello che dopo pochi anni sarà il rivoluzionario e celebrato autore di Cien años de soledad.

La hojarasca appare nel 1955; a questa data il colombiano aveva già pubblicato vari racconti8, ma in sostanza era ancora uno sconosciuto e tale resterà fino all'apparizione di Cien años de soledad, quando anche la sua narrativa precedente finirà per essere ripescata, tra essa, anche se in misura minore, il libro di cui mi occupo, dove si prefigura Macondo9 e che costituisce il nucleo originario dei personaggi che improvvisamente Cien años porterà alla notorietà internazionale.

Ciò che colpisce ne La hojarasca è la novità della struttura; il breve romanzo, poco più di un centinaio di pagine -133 per l'esattezza nell'edizione di cui mi valgo10- si costruisce su undici unità, o capitoli, evidenziati da cifre arabe. Ognuna delle unità, o meglio la maggior parte di esse, presenta voci alterne: del colonnello, della figlia di lui, che per comodità chiamerò la madre, del figlio di lei, che indicherò come il «niño».

L'ordine di intervento di questi personaggi non è rigoroso; essi si mescolano continuamente e a mano a mano che la materia narrativa si dipana lo scrittore rende più impervia l'identificazione del personaggio monologante. Ogni attore della «storia» propone un proprio punto di vista, nel quale si riflette una vicenda che si svolge partendo da un giorno lontano del 1913 e che termina nel momento   —16→   attuale del romanzo, il 12 settembre 1928, alle due e mezza del pomeriggio, o più precisamente alcuni momenti dopo, quando l'alcalde dà finalmente il permesso di seppellire l'anonimo medico impiccatosi alcune ore prima.

La minuzia nei dettagli è già caratteristica del narratore colombiano e così lo è l'aria di mistero, che troverà, molti anni dopo, in Crónica de una muerte anunciada, il massimo sviluppo.

Le diverse unità narrative sono costituite da settori separati da una linea di punti sospensivi; di regola tali settori sono due per i capitoli centrali del romanzo, 3-8, mentre sono più numerosi all'inizio e alla fine del libro. Infatti, il primo capitolo ne presenta quattro, tre il secondo, tre il decimo, cinque l'undicesimo. Nei capitoli 3 e 7 il lettore esperimenta un certo disorientamento a proposito del personaggio cui attribuire il primo settore, ma poi si rende conto, con maggior certezza per il settimo capitolo, che si tratta del colonnello. Nell'ottavo capitolo il dilemma interpretativo si presenta per il secondo settore, ma poi si avverte che il personaggio monologante è ancora il medesimo, il colonnello. Il capitolo nono presenta un'unica sequenza narrativa.

In ognuno dei casi si tratta di monologhi interiori; i personaggi evocano, ciascuno dal proprio punto di vista, gli avvenimenti del passato e giudicano l'attualità, con un risultato efficace di armonia, che tuttavia qualche critico ha ritenuto negativamente indifferenziata11. Un fitto tessuto, come si vede, che dà la misura delle capacità d'intreccio del giovane scrittore.

In totale gli interventi monologanti della madre sono dieci, undici quelli, più o meno esplicitati, del colonnello, sei quelli del niño. Da ciò si evince che la madre e il colonnello hanno parte rilevante nella vicenda, preponderante il colonnello, mentre il niño è essenzialmente uno spettatore, non a conoscenza dei fatti, ma fortemente impressionato, nella sua debole personalità, dallo spettacolo della morte.

Con il monologo del niño, atterrito dalla presenza del morto nella bara aperta, ha inizio il romanzo; egli riflette: «Por primera vez he visto un cadáver»12. Il libro terminerà con una nuova riflessione del bambino, ancora davanti al cadavere, quando gli uomini del colonnello, aperta con sforzo la porta che dà sulla strada, chiusa de anni per volere del defunto, si accingono a portar fuori la bara:

En este instante siento verdaderamente el temblor en el vientre. Ahora sí tengo ganas de ir allá atrás, pienso: pero veo que ahora es demasiado tarde. Los hombres   —17→   hacen un último esfuerzo; se estiran con los talones clavados en el suelo y el ataúd queda flotando en la claridad, como si llevaran a sepultar un navío muerto.

Yo pienso: ahora sentirán el olor. Ahora todos los alcaravanes se pondrán a cantar13.



In precedenza il bimbo, udendo il canto degli «alcaravanes», aveva pensato alle parole di Ada: «Ada me dijo que los alcaravanes cantan cuando sienten el olor a muerto»14.

Il tempo dell'azione, esteriormente pressoché inesistente, diviene nell'intimo dei personaggi estremamente dinamico, in quanto avvio della memoria alla ricostruzione dei fatti. E' precisamente la memoria che funziona come chiarificatrice progressiva delle vicende, dei numerosi punti in ombra che riguardano la storia umana del dottore suicida e anche della famiglia del colonnello, impegnata ora a seppellire il morto, sfidando l'ostilità dell'alcalde e degli abitanti del villaggio. Un'ostilità incomprensibile per il momento.

Tutto ciò avviene in poche ore, tra la scoperta che il medico si è impiccato e la concessione del permesso per la sua sepoltura. Ma il tempo reale della vicenda si estende alle date indicate: 1913-1928, tra il giorno, cioè, in cui il medico si presenta a Macondo, nella casa del colonnello, con una lettera di raccomandazione del colonnello Aureliano Buendía, «a fines de la guerra grande»15, e il giorno del suicidio.

Lo spazio temporale si amplia ulteriormente ne La hojarasca e si estende a epoche remote, quelle del secolo XIX, quando Macondo fu fondata da alcune famiglie scampate alla guerra civile del 1885, tra esse la famiglia del colonnello, «una familia devastada, aferrada todavía a un reciente pasado esplendoroso, desorganizada por la guerra»16. Da questa epoca remota il tempo si estende al successivo arrivo della «hojarasca», vale a dire di una folla composita di avventurieri al seguito della «Bananera», quindi all'anno 1928, quando improvvisamente la Compagnia abbandona il paese, dopo averne sfruttato fino all'esaurimento le terre.

La hojarasca si apre con un'epigrafe tratta dall'Antigone di Sofocle; in essa si preannuncia un destino di morte crudele, una condanna spaventosa, nel riferimento a Polinice, al cui cadavere Creonte ha vietato sepoltura:

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[...] dicen que ha publicado un bando para que ningún ciudadano lo entierre ni lo llore, sino que insepulto y sin los honores del llanto, lo dejen para sabrosa presa de las aves que se abalancen a devorarlo [...]17.



Introduzione agghiacciante alla vicenda narrata nel romanzo. Il tenore dell'epigrafe predispone il lettore a un clima tragico e muove in partenza il suo interesse.

Alcuni critici hanno insistito sul parallelo tra La hojarasca e la tragedia di Sofocle citata18; impegno eccessivo, che implica il pericolo di forzature, anche se lo scrittore ha confessato la sua ammirazione per Sofocle, in particolare per l'Edipo re, che fin dalla prima lettura gli era sembrata un'opera perfetta19. L'epigrafe alla quale García Márquez ricorre ha il compito di introdurre il lettore in un'atmosfera di violenza e in un senso di colpa, per il momento carico di mistero, creando, con il ricorso al mondo greco classico, una sorta di ambito mitico suggestivo, nel quale la vicenda avrà la sua esaltazione. Ma i due poli, dal passato mitico violento a un'attualità dello stesso segno, sono resi dalla pagina che, in funzione di cronaca, precede, rilevata in corsivo, il primo capitolo e datata, alla fine, «Macondo, 1909». Infatti, è proprio in questo anno che si verifica il sovvertimento dell'ordine nel paese; la «hojarasca» arriva con la «Bananera». Più che seguita dalla massa di rifiuti umani, la Compagnia è inseguita, come perseguitata, dalla feccia che essa ha generato:

Era una hojarasca revuelta, alborotada, formada por los desperdicios humanos y materiales de los otros pueblos; rastrojos de una guerra civil que cada vez parecía más remota e inverosímil20.



Il passo denuncia un clima di violenza; la «hojarasca» riversa su Macondo, in meno di un anno, «los escombros de numerosas catástrofes anteriores a ella misma», diffonde per le strade «su confusa capa de desperdicios»21.

In questa prima pagina del romanzo si afferma il senso della fatalità; la condanna che coinvolgerà Macondo e i suoi abitanti, e che ritroveremo in Cien años de soledad, è presentita come fatale, ma non con la violenza con cui si presenta: «sabíamos que la hojarasca había de venir aquella vez, pero no contábamos con su ímpetu»22.

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Attraverso la breve cronaca introduttiva e l'epigrafe, García Márquez predispone abilmente il lettore a un mondo tragicamente immobile, passivo di fronte al verificarsi degli eventi. La vicenda stessa del medico vale a rendere tale clima; chi legge accetta pacificamente il suicidio del personaggio e che un episodio apparentemente senza interesse di trama costituisca il centro di una complessa serie di riflessioni, o monologhi interiori, attraverso i quali la «storia» va chiarendosi e ampliando la sua dimensione. E tuttavia, il primo capitolo mantiene, nei suoi tre settori, con efficacia, chi legge, sospeso e curioso. Infatti, i motivi che hanno spinto il medico al suicidio non sono noti, anzi, non si sa neppure che il suicida sia un medico, né che si sia impiccato. Il lettore apprenderà tutto questo più tardi, ma al momento è all'oscuro di ogni cosa; non sa nemmeno chi siano i personaggi intervenuti a vegliare il defunto, né chi l'alcalde che vorrebbe, motivo pure ignoto, interpretando l'odio degli abitanti del villaggio, negare sepoltura al morto, il cui corpo anche il padre Ángel, nuovo parroco di Macondo -che apprendiamo succeduto a «El Cachorro»- è disposto ad accogliere in luogo consacrato. Lo scrittore perviene qui a quella struttursa alla quale aspirava: «al mismo tiempo verosímil y fantástica»23.

La violenza domina; quando l'alcalde, per sottolineare a se stesso la legittimità del suo rifiuto, tra sé commenta «Ahora sí no pueden decir que estoy fuera de la ley»24, afferma in realtà una lunga militanza nell'illegalità, che viene confermata come modo di vita, nel capitolo secondo, dalla decisione opposta del colonnello e da successivi termini che alludono alla disponibilità dell'autorità pubblica a un compromesso di natura venale. Con trasparente senso di fastidio il colonnello ricorda di aver chiesto all'alcalde, davanti alla sua resistenza a concedere il permesso per seppellire il dottore, «¿Cuánto?»25.

Immerso in simile atmosfera, neppure il morto può presentare un aspetto tranquillo, che del resto non corrisponderebbe al modo scelto per la propria eliminazione. Di fronte alla morte, il niño scopre un atteggiamento insospettato: «Creí que un muerto parecía una persona quieta y dormida y ahora veo que es todo lo contrario. Veo que parece una persona despierta y rabiosa después de una pelea»26.

Non chiediamoci se un bambino può arrivare a tali riflessioni, ma certamente è questo un modo, da parte del narratore, per sottolineare la negatività del suicidio. Reso inquieto, il niño percepisce odori negativi -anche gli odori avranno parte rilevante in Cien años de soledad-: «sentí el olor a desperdicios que era sólido y permanente al principio y que ahora, como el calor, llega en ondas espaciadas y desaparece»27.

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Il capitolo primo è denso di note, di preannunci, che in seguito avranno una spiegazione più o meno completa. Con coscienza già valida del mestiere García Márquez passa per gradi dal vago, dall'allusivo, al concreto, immettendo in un clima spirituale arido, quello del male che, secondo l'impressione della madre, sembra essersi accumulato nella stanza dove ha vissuto per diciassette anni il medico, uomo che essa vede «desvinculado de todo lo que pueda ser considerado como afecto o agradecimiento»28, e per questo odiato da tutto il paese.

Il colonnello è l'unica persona che mostri nei confronti del suicida un atteggiamento diverso, cosa dapprima inesplicabile per il lettore, dato che, di capitolo in capitolo, si apprende che dal personaggio il militare ebbe solo dimostrazioni di ingratitudine e anche offesa all'onore della propria casa, quando ne rese incinta la serva, Meme, che poi condusse a vivere alla periferia di Macondo, nella medesima casa dove ora l'uomo giace in una bara, in attesa della sepoltura.

Nel corso della «storia» lo scrittore va accumulando elementi che accrescono il mistero intorno alla figura e alla vita del medico; vi contribuiscono fondamentalmente la madre e il colonnello con i loro monologhi interiori. Per tal modo si apprende del sorprendente arrivo a Macondo del personaggio, su una mula, in coincidenza con l'ingresso del parroco, detto «El Cachorro», il quale raggiunge il paese in modo inconsueto: infatti, atteso dalla banda sulla strada principale, arriva lungo un sentiero appartato, su una vecchia bicicletta, mentre il dottore percorre la strada maestra su una cavalcatura di rito nella presa di possesso della loro parrocchia da parte dei parroci, la mula. Il contrasto colpisce e accentua la curiosità in chi legge.

Apprendiamo poi che, in epoca successiva, il dottore aveva opposto un misterioso rifiuto alla richiesta di medicare i feriti delle contese politiche nel paese, suscitando sentimenti ostili nella popolazione di Macondo e determinando quindi la sua decisione di isolarsi, sbarrando per sempre la porta di casa, mossa di sdegno o decisione di lunga espiazione. Appare poi misteriosa agli abitanti del villaggio la scomparsa della donna che conviveva con il medico -apprenderemo in seguito che Meme aveva abbandonato l'amante-; i sospetti provocano un tardivo intervento della polizia, in un'epoca, sottolinea lo scrittore, in cui la politica richiedeva nuove vittime.

Elementi del genere poliziesco convergono in questa suspense. Ma il colonnello e il prete interverrano in questa occasione a salvare, per la seconda volta -nella prima lo strapparono dal linciaggio popolare, in seguito al rifiuto di assistere i feriti- il personaggio. A cosa si deve questo secondo intervento? Non lo sappiamo ed è un altro mistero che il lettore diviene ansioso di scoprire. García Márquez si rivela abilissimo nel mantenere avvinto alla vicenda chi legge.

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Nel secondo capitolo l'evocazione della fondazione di Macondo esalta un clima preterito di favolosa fratellanza, in contrasto con la successiva condotta disumana, almeno in aparenza, del medico. La madre richiama le parole di Meme intorno alla smisurata bontà della defunta padrona, quando lei faceva dormire con un «mosquitero» persino i cavalli, per «un extraño sentido de la caridad», dati i suoi sentimenti umanitari, ritenendo che «a los ojos de Dios proporciona tanta complacencia el hecho de preservar a un hombre de los zancudos, como de preservar a una bestia»29.

La donna prefigura, pur nella sua parte minima nel romanzo, Úrsula Iguarán, la straordinaria matriarca di Cien años de soledad, libro dove la dimensione della stranezza e dell'iperbole avrà fioritura rigogliosa sul piano dell'esaltazione del fantastico.

Ne La hojarasca, comunque, l'iperbole fantastica ha già un ruolo significativo, al fine di qualificare persone e oggetti: «El Cachorro» è presentato come il sacerdote «más extraño que habían visto nunca» gli abitanti di Macondo30; del dottore, il colonnello ricorda, nel primo contatto con lui, gli occhi «enormes»31; il personaggio alluso entra nel villaggio portando con sé il baule più grande che mai si sia visto32. Ma il clima teso di mistero è mantenuto anche da taluni fatti che sconvolgono la normalità dell'accadere quotidiano. Così il colonnello ricorda l'arrivo carico di presagi del dottore, poiché gliene viene annunciata la visita, quando non gli annunciavano mai nessuno33. Davanti al medico la seconda moglie del colonnello, Adelaida, è vittima di un equivoco e confondendolo con un alto esponente militare imbandisce per lui una tavola suntuosa. Apprendiamo di tale equivoco nel capitolo quarto del romanzo, ma rimarrà un mistero chi mai avrebbe potuto essere l'alto personaggio.

Anche il contrasto ha il suo valido impiego nel libro, e viene sottolineato dallo scrittore; è il caso dello splendore della tavola inusitatamente imbandita e della presenza «desarreglada» del medico, che «resaltaba como una mancha de sopa en el mantel»34, qualificando in partenza negativamente il personaggio. Talvolta il contrasto si verifica tra cliché e realtà: è il caso di «El Cachorro», che invece di rispondere alla tradizionale figura del sacerdote come essere «bondadoso» è sottolineato nell'aspetto negativo di un volto «tan inexpresivo que en nada se diferenciaba de una calavera de vaca»35, e accumulando elementi che fanno di lui il prete «más extraño» che si fosse mai visto:

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Se observaba que el rostro parecía una calavera de vaca, que tenía el cabello gris, cortado al rape y que no tenía labios sino una abertura horizontal que no parecía estar en el lugar de la boca desde el nacimiento, sino hecha posteriormente, de una cuchillada sorpresiva y única36.



Si apprenderà poi che il sacerdote non è altri che l'«intrépido, terco y antigobernista» ex colonnello diciassettenne soprannominato «El Cachorro»37. Per tal modo il mistero si accentua ulteriormente: perché lo ritroviamo ora sacerdote? Il suo aspetto attuale, ad ogni modo, predispone sfavorevolmente nei suoi riguardi e per questo è ancor maggiore la sorpresa quando si ode il colonnello Aureliano Buendía, durante una seria meditazione con il dottore intorno a Dio, definire il prete, nel capitolo ottavo, un «hombre completo que cumple con sus deberes como un hombre», un probabile santo38.

A questo punto all'elemento sorpresa si aggiunge una nota sconcertante: «El Cachorro» ha cessato di leggere, in chiesa, ai suoi fedeli, il Vangelo e lo ha sostituito con l'Almanacco Bristol39, ossia con le «predicciones atmosféricas»40, ritenendole forse più pregnanti e utili delle pagine sacre. Sviare, stupire, sono espedienti cui ricorre Gabriel García Márquez per mantenere viva l'attenzione del lettore. A ciò serve anche, nella dimensione del fantastico, l'evocazione di un mondo di presenze incorporee: il niño vede da tempo, ancor prima di assistere alla veglia del corpo del suicida, un morto «que todas las noches se sienta, con el sombrero puesto, a contemplar las cenizas del fogón apagado»41. Fantasia e realtà si confondono, contribuendo nel romanzo a caricare di una particolare suggestione e di mistero l'atmosfera, come avverr à anche in Cien años de soledad.

Nell'ordine del sorprendente sta pure l'inspiegabile atteggiamento di pazienza e di comprensione del colonnello nei confronti del dottore, autore delle accennate offese a lui e alla sua casa. Una bontà che per la figlia del militare e per la sua seconda moglie è solo debolezza42. La stessa disavventura con Martín, fidanzato, poi marito inconcreto, irreale, della citata figlia, Isabel, un «estafador» che dopo soli due anni abbandona misteriosamente il tetto coniugale per non farvi più ritorno, può essere interpretata come una sorta di punizione per la straordinaria bontà del patriarca. Senonché, a poco a poco si fa chiaro al lettore   —23→   sia il senso profondo della comprensione del colonnello, sia il significato di «espiazione» che per lui assume l'offesa fattagli da Martín.

Mentre dalla ricostruzione del passato, attraverso l'evocazione monologante del colonnello e della figlia, presenti alla veglia funebre, il capitolo quinto richiama d'improvviso all'attualità, sottolineando la desolazione e il silenzio gravido di minaccia che incombe sul villaggio e introduce un non meno minaccioso tempo immobile, o tempo sospeso, sul filo di un minuto lentissimo nel suo trascorrere, che poi riprende rapido il suo corso, tra segni di malaugurio, odori negativi e inquietanti che colpiscono il niño, i capitoli che vanno dal sesto alla prima parte del decimo ridanno avvio al procedere regolare della memoria, talvolta con un dichiarato puntiglio nell'ordine cronologico dei fatti.

Tra il capitolo sesto e il capitolo ottavo, e di nuovo tra il decimo e l'undicesimo, la storia interna ed esterna del dottore viene ricostruita; la seconda, nel suo significato di accidente fatale del trascorrere umano, la prima in una dimensione che vale a spiegare anche l'operato del colonnello.

Benché la complessità interiore del medico sia oggetto dell'indagine del colonnello e valga a modificare nel lettore la prima, e prolungata, impressione negativa nei suoi riguardi, in realtà quella che ne esce avvantaggiata è la dimensione interiore del militare. Al contrario di quanto ha fatto per il sacerdote e per il dottore, García Márquez non si cura di descrivere il personaggio, ma lo presenta sempre di riflesso, nella sua azione, nei movimenti, pochi, di fronte al suicida, e attraverso gli occhi della madre e del niño, oppure fornisce scarni dettagli occasionali, come il difficoltoso muoversi, aiutandosi con un bastone.

La figura del colonnello si costruisce, invece, progressivamente, fin dal primo istante della sua comparsa, attraverso convincenti qualità morali. Di fronte al dottore, egli intuisce subito, sotto l'apparenza esteriore negativa, l'uomo singolare, ne coglie la stanchezza della voce43, è colpito dagli occhi enormi, avverte in lui l'atteggiamento stanco dello sconfitto, dell'uomo «derrotado por las circunstancias»44, si rende conto che egli vive tra la gente, ma «distanciado [...] por el recuerdo de un pasado contra el cual parecía inútil cualquier tentativa de rectificación»45, percepisce infine la volontà dell'individuo di liberarsi «de su propio hombre interior»46.

Non sapremo mai -abilità del narratore- di che cosa il dottore vorrebbe liberarsi, quali sono le vere cause che determinano la sua condizione tormentata. Nel mistero che perdura intorno al personaggio si accentua la sua dimensione di essere particolare, di uomo che sfugge alla normalità. Anche il tentativo improvviso di ritornare alla vita attiva, che si manifesta, ad un certo punto,   —24→   nell'inattesa ricerca di eleganza, sfogo per il colonnello di una «tremenda soledad sexual»47, è votato al fallimento. Il suo esclusivo e strano alimentarsi solo di erba può essere inteso come forma di espiazione; ma il vero problema del tormentato personaggio viene chiarito nel capitolo ottavo, allorché il colonnello chiede a bruciapelo al dottore: «¿Usted cree en Dios?»48. E alla mancanza di una risposta concreta incalza:

-¿Pero no le produce temor una noche como ésta? ¿No tiene usted la sensación de que hay un hombre más grande que todos caminando por las plantaciones, mientras nada se mueve y todas las cosas parecen perplejas ante el paso del hombre?49.



Ciò che sconcerta il dottore è la sicurezza della fede del suo interlocutore, e lo manifesta con durezza, affermando che il suo personale rifugio davanti alla gravità del problema dell'esistenza di Dio è il rifiuto di pensare: «-Créame que no soy ateo, coronel. Lo que sucede es que me desconcierta tanto pensar que Dios existe, como pensar que no existe. Entonces prefiero no pensar en eso»50.

Alla mente del lettore è richiamata da queste pagine tutta una letteratura sul tema, una galleria di grandi figure esemplari tormentate dalla ricerca divina o dalla negazione della sua esistenza. Tutto questo proietta sul medico una luce particolare che ne accresce la dimensione faustica. Il colonnello apporta l'ultimo tocco, con una riflessione conclusiva: «Es un desconcertado de Dios»51.

Una simile atmosfera dà vita interiore a un altro grande personaggio della narrativa ispanoamericana, il dottor Grey, protagonista di El Astillero, di Onetti; lo circonda una stessa atmosfera, la notte, e la coscienza di una vita che fatalmente va verso la morte52. L'evocazione intima del colonnello esercita sul lettore viva suggestione: «Yo seguía embriagado por el sopor de la noche. Me sentía metido en el corazón de una inmensa galería de imágenes proféticas»53. Ciò davanti a un Macondo ormai tutto esteriore, distrutto dalla febbre della facile ricchezza, sconvolto dalla «hojarasca»:

Me acordé de Macondo, de la locura de su gente que guerreaba billetes en las fiestas; de la hojarasca sin dirección que lo menospreciaba todo, que se revolcaba en su ciénaga de instintos y encontraba en la disipación el sabor apetecido. [...]54.



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Forse per la sua natura di uomo tormentato il colonnello trova somiglianza fisica tra il dottore e il prete, il quale nel fuggevole contatto che avrà con il medico, quando interviene a salvarlo dalla polizia, che lo sospetta di essere l'assassino dell'amante scomparsa, mostra un atteggiamento problematico:

El Cachorro habló muy poco en esa visita -ricorda il colonnello-. Desde su entrada a la habitación parecía impresionado por la visión del único hombre que no conoció en quince años de estar en Macondo. Esta vez me di cuenta (y mejor que nunca, acaso porque el doctor se había quitado el bigote) del extraordinario parecido de esos dos hombres. No eran exactos, pero parecían hermanos. El uno era varios años mayor, más delgado y escuálido. Pero había entre ellos la comunidad de rasgos que existe entre dos hermanos, aunque el uno se parezca al padre y el otro a la madre. [...]55.



E' un nuovo elemento di mistero, che accresce interesse nel lettore, indotto a tentare di decifrare il perché della sottolineata somiglianza tra i due personaggi, data fondamentalmente dalla stessa condizione di tormentati. Il prete ha trovato acquietamento nella fede, non così il dottore, tuttora intento a quella che il colonnello definisce «su sorda batalla con la amenaza de Dios»56.

Si spiega, ora, anche il suicidio del medico, la sua decisione, negli anni che precedono, di isolarsi dal mondo dietro una porta chiusa con un «candado» che, «frío, silencioso, dinámico, [...] elabora su herrumbre»57. Inquietante negatività delle cose, resa da García Márquez con l'efficacia di un Neruda, attento all'esempio di quanto, quevedescamente, attesta l'universale distruzione, la morte58.

La vicenda de La hojarasca nel suo svolgimento è solo il punto di avvio per un'indagine nell'intimo dell'uomo, in un clima di profonda dimensione interiore, dominato dal segno avverso dell' anno bisestile59, quando il dottore fa la sua prima comparsa nella casa del colonnello. Maledizione ricorrente, i politici scatenano la loro azione perniciosa e Macondo soccombre alla violenza dell'intrigo e dello sfruttamento economico; la «Bananera» abbandona alla fine il paese, una volta rese sterili le terre, seguita dai «desperdicios de los desperdicios»60 che aveva recato con sé, lasciando solo rovina e un futuro privo di prospettive.

La vicenda umana del dottore è la conseguenza di uno stato di cose enormemente deteriorato, sovvertito; ha il significato di una maledizione divina. Nel pomeriggio infuocato in cui per la sepoltura del suicida si affrontano conoscenza   —26→   dei fatti e comprensione, nel colonnello, superficialità di giudizio e incomprensione, nella madre, odio profondo, nel popolo e nell'alcalde, Macondo, nuova Comala61, assume l'aspetto del luogo maledetto. La madre riflette: «Es como si Dios hubiera declarado innecesario a Macondo y lo hubiera echado al rincón donde están los pueblos que han dejado de prestar servicio a la creación»62.

Il senso della maledizione e della fine dà unità a La hojarasca e in essa a un Macondo inquietante, simbolo di una straziante situazione americana, punto di avvio per ulteriori approfondimenti, che avranno il pregio in seguito di una maggiore esperienza e maturità creativa.

Ha scritto Mario Vargas Llosa che, terminando nel 1951 il breve romanzo, García Márquez aveva provato un senso di frustrazione, perché la realizzazione dell'opera gli era sembrata inferiore al progetto: invece di tutta la storia di Macondo, infatti, il romanzo dava solo una breve immagine frammentaria di essa63. Al contrartio, se stiamo a Luis Harss, lo scrittore gli avrebbe confessato che La hojarasca gli usciva «por los codos, inconexa y sin ningún propósito "literario"», l'unico dei suoi libri scritto «con verdadera inspiración», che lo «absorbía y lo arrastraba un torrente de ideas que reventaba todas las compuertas», ed era la sua época faulkneriana64. Ma l'Harss giudica il romanzo un'opera non riuscita, perché scritta «en un idioma prestado que nunca llega a un lenguaje personal»65; egli denuncia le «tramas entrelazadas», gli episodi sovrapposti, i giochi temporali, «con sus retrocesos y repeticiones», mezzi «mal aprovechados que frustran el propósito que deberían servir», i monologhi «complementarios», che complicano l'azione senza «matizarla», presentandosi privi d'intimità e divenendo monotoni, e conclude affermando che ne La hojarasca in generale «se malgasta mucha energía»: l'opera, «con toda su carga emocional queda informe y difusa»66; benché non tutto sia «pérdida, ni mucho menos»: «El tejido es fino, y se notan aquí ya claramente ciertas características distintivas del estilo de García Márquez que tendrán más relieve en obras posteriores»67. Inoltre si ritrovano nel romanzo prototipi, compaiono affinità fatali tra i personaggi, e via discorrendo.

Non insisterò oltre sui difetti e i pregi che il critico citato denuncia o sottolinea nel suo studio a proposito de La hojarasca68. A lungo García Márquez tratta del suo travaglio crfeativo nel primo volume delle memorie, Vivir para contarla69.   —27→   L'errore di Harss è di pretendere la perfezione già nell'opera prima dello scrittore, giudicata dai risultati maturi e originali di Cien años de soledad. E' invece importante sottolineare come, fin dal suo primo romanzo García Márquez si distingua per la novità e la dimensione dei suoi personaggi, per abbozzi destinati a sviluppi futuri, per un messaggio pregnante, nonostante tutte le ingenuità e le imperfezioni che nel suo testo si possano riscontrare. Giustificatamente Roberto Paoli giudicava La hojarasca «prova estremamente convincente», non solo per la «rappresentazione indiretta, scabra ed essenziale, più "cattiva" che altrove, di Macondo, ma anche per i risultati di una tecnica prospettivistica di forte impronta conradiana»70.

Altri critici si sono espressi, con giudizi spesso constrastanti, su questo primo romanzo dello scrittore colombiano, ma proprio qui egli dà inizio a quella epopea della sconfitta che caratterizzerà tutta la sua opera.



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ArribaAbajoEl coronel no tiene quien le escriba

I riti della miseria


Dopo La hojarasca, la precedente serie di racconti, alcuni dei quali saranno ripubblicati molti anni dopo da García Márquez, già scrittore più che affermato, e vari reportages71, appare alle stampe nel 1958, sulle pagine della rivista colombiana «Mito»72, un nuovo romanzo breve, El coronel no tiene quien le escriba, che solo nel 1958 l'autore raccoglierà in volume, pubblicandolo presso l'editore Aguirre, di Medellín. Un centinaio, poco più, di pagine -106-, ricorrendo a vari accorgimenti tipografici, spazi e caratteri grandi di stampa, nell'edizione messicana di cui mi valgo, restituito il testo alla sua versione originale dallo stesso autore73.

Per la storia interna del libro abbondano i riferimenti nello studio critico di Luis Harss, Los Nuestros74, e nella monografia di Mario Vargas Llosa, Gabriel García Márquez. Historia de un deicidio75, ma entrambi gli scrittori si rifanno in realtà a un articolo di Plinio Apuleyo Mendoza, amico dello scrittore, «Biografía doméstica de una novela»76, che riporta una interessante conversazione con il narratore colombiano intorno alla propria opera. Nuovi dati si hanno anche da tre conversazioni con García Márquez dello stesso autore, nel volume El olor de   —30→   la guayaba, dove si apprende che El coronel fu riscritto nove volte, se stiamo al diretto interessato, e che prima di pubblicare Crónica de una muerte anunciada egli riteneva il romanzo «la más vulnerable» delle sue opere77.

La genesi de El coronel no tiene quien le escriba è strettamente legata all'esperienza vitale dell'autore a Parigi, dove si era recato come corrispondente del giornale colombiano «El Espectador»: la chiusura del foglio da parte del generale Rojas Pinilla, determinò per lo scrittore una grave crisi economica i cui riflessi sono visibili nella stessa figura del protagonista del romanzo, il colonnello. Occorre anche ricordare che, all'epoca, García Márquez attendeva alla stesura di un altro romanzo, La mala hora, ma l'improvviso rilievo che la figura del colonnello andava acquistando per lui, lo indusse a dedicarsi esclusivamente alla vicenda di costui78. Che da comica si fece tragica, poiché incominciò a colorarla e ad animarla la situazione di improvvisa miseria in cui egli stesso era venuto a trovarsi. Scrive l'Harss che García Márquez allora

Vivía con los nervios crispados, en una situación semejante a la del Coronel, que no tenía nada de divertida. Si se reía al escribir, era con la risa del que tiembla. Lo mismo el Coronel, que sabe que cada vez que se ríe puede ser la última. [...]79.



Aggiunge Vargas Llosa che la figura del colonnello ha, alle sue origini, il ricordo di un uomo, a Barranquilla, di fronte al mercato del pesce, «apoyado en una baranda, en actitud de espera»80, come del resto il romanziere confessa ad Armando Durán durante una serie di conversazioni e ribadisce nelle sue memorie81. Ma la fame dello scrittore, la sua esperienza personale, fanno del personaggio una figura più caratterizzata.

Dati interessanti in questo senso offre ancora Vargas Llosa82, che rendono più attraente la lettura del romanzo, per una immediata aderenza autore-personaggio.

  —31→  

Con El coronel no tiene quien le escriba Gabriel García Márquez è ormai uno scrittore maturo, in un'opera quasi priva di trama, quindi di difficile equilibrio. La critica ne ha rilevato più volte i pregi; il Volkening ha sottolineato l'evoluzione dallo stile faulkneriano a frasi che ha definito «laberínticas» e interminabili, al «giro breve, conciso, lapidar y cristalino que va derecho al grano, dando la impresión de que son las cosas mismas en su "ser así y no de otra manera" las que hablan a través del narrador»83. L'Harss ha poi sostenuto che esiste una distanza enorme tra El coronel e La hojarasca, quella che intercorre tra «el despilfarro y la economía absoluta», e ne dà il merito all'intervenuta lettuta di Hemingway, le cui opere ritiene «favoritas» da parte dello scrittore colombiano84.

Tuttavia, per quanto riguarda Faulkner, García Márquez non si è mai pronunciato chiaramente: prima ha ammesso la sua influenza, poi nelle conversazioni con Plinio Apuleyo Mendoza l'ha negata85, per riammetterla in seguito. Atteggiamento comprensibile in uno scrittore che ai suoi inizi ha bisogno di appoggiarsi ad autori affermati, quindi impostosi con la propria originalità, rifiuta ogni paternità, ma alla fine, divenuto famoso, accetta con orgoglio che gli vengano accostati grandi autori della letteratura quali punti di partenza per un'opera divenuta pienamente autonoma86.

Anche nel giudizio di Harss, come in quello di Volkening, si sottolinea, comunque, in El coronel, la conquista di uno stile che elimina il superfluo. Il critico scrive:

No hay un grano de lastre en El coronel. Todo se hace con un mínimo de palabras. La claridad, la precisión, la reticencia seducen como no podría seducir la retórica. Hay un aura de cosas no dichas, de medias luces, silencios elocuentes y milagros secretos, en que se define siempre lo que se omite y resalta lo que quiere pasar inadvertido. Un soplo de misterio atraviesa el libro, que apenas tiene cien páginas, pero está envuelto en sombras luminosas87.



A sua volta Mario Vargas Llosa, in un puntiglioso e interessante esame dell'opera, sottolineato l'ampliamento dei limiti di spazio e di tempo rispetto a La hojarasca e al racconto Isabel viendo llover en Macondo, rileva l'approfondimento   —32→   di piani specifici della «vida ficticia», il passaggio dal livello interiore e soggettivo della descrizione di Macondo nel primo romanzo a quello esterno e oggettivo nel nuovo testo88; e ancora, non solo la presenza di personaggi del primo romanzo, ma di altri destinati ad avere ulteriore rilievo in libri successivi89. Seguendo poi la definizione di Lukacs, per la quale ogni romanzo oppone un individuo a una società, il critico afferma che El coronel è al contempo una biografía individuale e una cronaca «classica», struttura, questa, propria di buon numero di romanzi «classici», dal Quijote a Le rouge et le noir, a Madame Bovary90.

L'uomo in conflitto con la società: il colonnello è precisamente questo. In Cien años de soledad García Márquez ripresenterà il dramma della logorante attesa, da parte dei veterani sconfitti della «Guerra Grande», di una pensione, sempre promessa dal governo, mai assegnata. In El coronel no tiene quien le escriba l'attesa si carica dei colori del dramma, un dramma che si comunica al lettore, attratto dalla dimensione derelitta dei protagonisti. Fin dalle prime righe del romanzo tale dramma si presenta concreto nella figura del colonnello e nella quotidianità della sua indigenza:

El coronel destapó el tarro de café y comprobó que no había más de una cucharadita. Retiró la olla del fogón, vertió la mitad del agua en el piso de tierra, y con un cuchillo raspó el interior del tarro sobre la olla hasta cuando se desprendieron las últimas raspaduras del polvo de café revueltas con óxido de lata91.



Scena a livello umano significativa; essa dà inizio a quelli che si possono definire «i riti della miseria». La sobrietà della descrizione, che si avvale di pochi particolari, di azioni elementati e umili, a livello dimesso, più proprie di una donna di casa che non di un ex militare, e per giunta di grado elevato, scolpisce una figura di grandezza decaduta, ma che proprio per questa disarmante semplicità, indice di una miseria sopportata dignitosamente, va acquistando dimensione nel libro. Non a torto l'Harss scrive che pochi personaggi del romanzo latinoamericano seducono tanto come il vecchio «y maniático» colonnello, la cui figura si fissa nella memoria del lettore; il critico lo definisce «una especie de niño prodigio envejecido, loco y cuerdo, conmovedor y humano, maravillado y tragicómico», che non solo ha una personalità, ma un'anima92.

Giudizio, tuttavia, che è difficile accettare in toto per quanto attiene ai molti aspetti contrastanti dell'uomo: non si tratta, infatti, né di un bimbo prodigio invecchiato,   —33→   né di un pazzo, e neppure è individuabile nella sua figura una nota tragicomica. Più esattamente Vargas Llosa considera il personaggio

un pretexto para dotar de persuasión a los materiales de mayor patetismo y desmesura, o subterfugios para expresar -mediante una operación casi mágica en la que el humor deja de ser humor- una visión de la realidad que no es risueña en ningún sentido93.



In altre parole, l'umorismo non funziona come tale; al contrario, sottolinea la portata del dramma.

Ma torniamo alla pagina inziale del romanzo, dove la figura del personaggio si completa. Il vecchio colonnello è presentato «sentado junto a la hornilla de barro cocido en una actitud de confiada e inocente expectativa», in attesa cioè che bolla il caffé; egli attraversa, come non di rado accade ai vecchi, una delle sue ricorrenti mattine difficili, «Una mañana difícil de sortear, aun para un hombre como el que había sobrevivido a tantas mañanas como esa», e lo tormenta un malessere intestinale94. Apprendiamo, intanto, che il personaggio è da cinquantasei anni in attesa della pensione: non aveva fatto altro che ettendere e «Octubre era una de las pocas cosas que llegaban», con tutte le conseguenze climatiche e fisiche.

Un ritratto perfetto, che dominerà tutto il romanzo. Ogni nuova pagina, ogni fatto minimo, ogni maniacale, ostinato attaccamento alle cose e agli uomini -al ricordo del figlio attraverso il «gallo de pelea», al villaggio per la sua composita fauna umana, prevalentemente negativa-, in sostanza alla vita, non fa che approfondire la dimensione interiore di questo personaggio. Con la moglie, si tratta di una coppia sopravvissuta alla devastazione della guerra -la disfatta-, del dispotismo e della violenza -la vittoria del nemico e l'uccisione del figlio, sorpreso con materiale di propaganda clandestina-, alla lenta, ma progressiva agonia di un paese nel quale gli antichi valori sono stati cancellati da una classe di affaristi senza scrupoli, disumani, dediti solo ad accumulare ricchezza. I tempi sono radicalmente cambiati: non esistono più ideali, tutto si è deteriorato, il mondo è imbruttito.

Fa da pendant al colonnello, come immagine della vecchiaia e della miseria, la moglie, che lo scrittore presenta alla fine anch'essa di una notte difficile:

Su esposa levantó el mosquitero cuando lo vio entrar al dormitorio con el café. Esa noche había sufrido una crisis de asma y ahora atravesaba por un estado de sopor. Pero se incorporó para recibir la taza.

-Y tú -dijo.

-Ya tomé -mintió el coronel-. Todavía quedaba una cucharada grande.95.



  —34→  

I rintocchi inquietanti di una campana a morto completano il quadro. La realtà, pur pesante, deriva improvvisamente verso l'irrealtà. Interviene la pioggia minuta, silenziosa, che cade senza sosta: «Llovía despacio pero sin pausas»96.

All'irrealtà in cui sfuma la scena iniziale contribuisce la succinta descrizione della sala dove il colonnello entra per caricare l'orologio, unica occupazione concreta della giornata, intesa a mantenere il ritmo del tempo in un mondo che va alla deriva, quanto più acuto si fa il senso della miseria denunciata dagli oggetti:

Después de llevar la taza a la cocina dio cuerda en la sala a un reloj de péndulo montado en un marco de madera labrada. A diferencia del dormitorio, demasiado estrecho para la respiración de una asmática, la sala era amplia, con cuatro mecedoras de fibra en torno a una mesita con un tapete y un gato de yeso. En la pared opuesta a la del reloj, el cuadro de una mujer entre tules rodeada de amorines en una barca cargada de rosas97.



Un resto di apparente benessere, che scomparirà gradualmente di fronte alla necessità fisiologica e all'impegno per mantenere il gallo da combattimento, al tempo stesso ricordo del figlio e vendetta contro l'ingiustizia. Povere cose, comunque, sulle quali spicca, oltre all'orologio, l'immagine evanescente della donna nel quadro, evocazione di un tempo felice irrimediabilmente lontano, contrasto che accentua la nota triste del presente.

Al dramma delle vecchiaia e della miseria contribuisce, o meglio lo determina, l'inutile attesa della pensione. Ogni venerdì, all'arrivo della lancia della posta, la speranza si riaccende nell'anziano colonnello, ma subito si spegne per il mancato arrivo della lettera che dovrebbe annunciare, con la pensione, la fine dell'attesa e della miseria. Seguendo i movimenti della lancia all'attracco e dell'impiegato postale che ritira la corrispondenza, il colonnello attraversa momenti d'angoscia, e alla fine prova un lacerante senso di vergogna di se stesso, che lo spinge a mentire, retrocedendolo a situazioni proprie dell'infanzia. Con efficace sobrietà García Márquez penetra il dramma e al lettore presenta il personaggio interpretato nei più intimi sentimenti, posto tra il fuoco dell'incomprensione altrui e il compatimento dell'amico medico:

El administrador no levantó la cabeza.

-Nada para el coronel -dijo.

El coronel se sintió avergonzado.

-No esperaba nada -mintió. Volvió hacia el médico una mirada enteramente infantil-. Yo no tengo quien me escriba.

  —35→  

Regresaron en silencio. El médico concentrado en los periódicos. El coronel en su manera de andar habitual que parecía la de un hombre que desanda el camino para buscar una moneda perdida. Era una tarde lúcida. Los almendros de la plaza soltaban sus últimas hojas podridas. Empezaba a anochecer cuando llegaron a la puerta del consultorio98.



Le scarne note paesaggistiche hanno il compito di sottolineare il dramma umano del personaggio, della cui vicenda, attraverso i giornali che riceve il dottore e che poi gli passa in lettura, si ricostruisce anche il dato temporale: «El coronel leyó los titulares destacados. Noticias internacionales. Arriba, a cuatro columnas, una crónica sobre la nacionalización del canal de Suez [...]»99. Vale a dire il 1956.

Il romanzo, storia di una vita al suo definitivo tramonto, è una successione di riti dell'umiliazione, prodotto della miseria. La situazione si va facendo per il colonnello di giorno in giorno sempre più critica. Di fronte a lui sta la moglie, chiusa nel suo rancore, tormentata dal male, minata dalla fame. Essa ha il compito di richiamare giornalmente il marito al peso della realtà, mentre il colonnello inserisce nella vita quotidiana nuovi riti della miseria, in un clima già di per sé esasperato di indigenza. Più che rispondere, come sostiene l'Harss, al sogno e all'illusione futile, carattere proprio dei personaggi maschili di García Márquez, di fronte alla concretezza delle donne100, il colonnello resta fedele alla sua dignità di uomo. Lo si vede in particolare nel tentativo di vendere al ricco don Sabas il gallo, allettato da un'offerta che, alla resa dei conti, è di molto inferiore alle promesse, in quanto il commerciante approfitta dell'estrema situazione di bisogno del «compadre».

Il mutamento avvenuto nella struttura sociale del villaggio è reso dallo scrittore nel confronto fisico e morale tra i due personaggi, il colonnello e don Sabas: magro il primo, debilitato dalla fame; grasso, ben pasciuto il secondo, fornito di un'abbondanza di beni persino superflua che, dettaglio significativo, accumula nel disordine proprio del possesso divenuto ingordigia. Quando il commerciante   —36→   si offre di prestare un ombrello al compare perché non si inzuppi della pioggia che è incominciata a cadere, si apre davanti al colonnello un universo di abbondanza e di disordine che lo fa istintivamente arretrare e lo induce a declinare l'offerta:

Don Sabas abrió un armario empotrado en el muro de la oficina. Descubrió un interior confuso, con botas de montar apelotonadas, estribos y correas y un cubo de aluminio lleno de espuelas de caballero. Colgados en la parte superior, media docena de paraguas y sombrillas de mujer. El coronel pensó en los destrozos de una catástrofe.

«Gracias, compadre», dijo acodado en la ventana. «Prefiero esperar a que escampe»101.



Nella stanza, il medesimo disordine dell'accumulo facile: «Al fondo, amontonados en desorden, sacos de sal, pellejos de miel y sillas de montar»102.

L'apparente nota delicata introdotta nel riferimento agli ombrelli dall'ombrellino da donna è subito cancellata dalla comparsa della moglie di don Sabas, tutto il contrario della gentilezza: «Era corpulenta, más alta que su marido, y con una verruga pilosa en el labio superior. Su manera de hablar recordaba el zumbido del ventilador eléctrico»103. Elementi tutti che sottolineano il cattivo gusto del marito, umiliato inoltre dalla maggiore statura della moglie.

Don Sabas è un essere totalmente negativo, a partire dall'aspetto fisico: «Un hombre pequeño, voluminoso pero de carnes fláccidas, con una tristeza de sapo en los ojos»104. Nella moglie, al contrario, la nota negativa non è assoluta, se in lei si manifesta una rozza umanità nei riguardi del colonnello; in realtà è anch'essa una vittima del marito dispotico e per il colonnello, che vede timido e indeciso al momento di vendere il gallo, prova una solidarietà istintiva, e lo incoraggia: «Aprovéchelo ahora, compadre, le dijo la esposa al coronel. El doctor lo está preparando para viajar a la finca y no vuelve hasta el jueves»105. Ma il colonnello tornerà sulla sua decisione, ormai spesa parte dell'anticipo ricevuto, e non venderà più il gallo, per lui ora pienamente simbolo dell'opposizione al prepotere e difesa della propria dignità.

Tornato a casa, è in questo momento che il contrasto tra il vecchio militare e la moglie, immagine della realtà miserabile di fame, si fa più acuto. Nella risposta del colonnello alle sue recriminazioni sta il significato di una dignità pienamente riconquistata. Scuotendolo energicamente, la donna esasperata gli grida:   —37→   «-Dime, qué comemos»; la risposta ha il senso orgoglioso del riscatto morale. Scrive García Márquez:

El coronel necesitó setenta y cinco años -los setenta y cinco años de su vida, minuto a minuto- para llegar a ese instante. Se sintió puro, explícito, invencible, en el momento de responder:

-Mierda106.



I riti della miseria hanno termine con questa risposta; il moto di ribellione del colonnello riscatta non solo lui, ma tutto un popolo oppresso dal prepotere. Don Sabas, infatti, non ha problemi con le autorità civili o militari: egli appartiene al «nuovo corso», ne è l'espressione, mentre il colonnello e gli altri abitanti del villaggio, incluso il dottore, rappresentano il passato, sono tra i sospetti, vanno vigilati e oppressi. E' perciò nel giusto l'Alfaro quando scrive che tutti i personaggi del romanzo sono segnati dalla violenza107.

Il mondo colombiano è denunciato nel romanzo anche nella sua realtà politica: nel paese del colonnello vige la censura e i giornali non parlano dei fatti interni, ma riportano solo notizie riguardanti l'Europa e con tale impegno che il colonnello, con involontario umorismo, osserva: «Lo mejor será que los europeos se vengan acá y que nosotros nos vayamos para Europa. Así sabrá todo el mundo lo que pasa en su respectivo país»108. Lo scrittore coglie l'occasione, qui, per protestare contro l'incomprensione europea per la situazione americana e lo fa attraverso le parole del medico che denuncia un diffuso cliché: «Para los europeos América del Sur es un hombre de bigotes, con una guitarra y un revólver [...]. No entienden el problema»109.

Mario Vargas Llosa ha rilevato come nella descrizione del «medio urbano» El coronel no tiene quien le escriba sia più esplicito che nella Hojarasca; egli ne dà merito al mutamento della parte assunta dal narratore, divenuto ora onniscente e dedito soprattutto a descrivere la vita esterna e oggettiva, così che tutto ciò che costituisce la realtà materiale visibile acquista «una concreción, una materialidad» molto maggiore110. Ma ciò che costituisce il vero pregio del romanzo è la linearità del racconto, l'economia dell'espressione, la misura con cui vengono immessi elementi diversi, non escluso il paesaggio e lo humor, sempre amaro, dando motivo al lettore di continua riflessione, senza interventi personali di sollecitazione. Il Carballo ha scritto esattamente che la realizzazione del   —38→   romanzo, il raggiungimento del suo pieno significato si ha nel momento in cui autore e lettore si complementano, di modo che El coronel è, prima di Cien años de soledad, il libro più riuscito e «sugerente» dello scrittore colombiano111.

La figura del colonnello, così scialba in apparenza e inconcreta, finisce per dominare tutta l'opera, imponendosi con note controllate, per atti elementari, che hanno il potere, proprio per l'aderenza al quotidiano, di dare al personaggio una dimensione tutta particolare, trasformandolo in essere mitico, aureolato da una passata carriera, fallimentare, di rivoluzionario, ora oppresso dal peso di una realtà che confina con l'irrealtà per le allucinazioni della miseria. Lo si vede già in apertura di libro, nel dialogo con la moglie, quando menziona la figura fantastica del duca di Malboroug, già alluso ne La hojarasca, e nel risveglio difficile del colonnello da un sonno agitato dalla febbre:

Amaneció estragado. Al segundo toque para misa saltó de la hamaca y se instaló en una realidad turbia alborotada por el canto del gallo. Su cabeza giraba en círculos concéntricos. Sintió náuseas. Salió al patio y se dirigió al excusado a través del minucioso cuchicheo y los sombríos olores del invierno. El interior del cuartito de madera con techo de zinc estaba enrarecido por el vapor amoniacal del bacinete. Cuando el coronel levantó la tapa surgió del pozo un vaho de moscas triangulares112.



Il paesaggio «domestico» si ripete con regolarità, ma senza monotonía, trasformato continuamente dal mutare degli stati d'animo e delle stagioni. Cosí, sul finire della vicenda, il «patio» e l'«excusado» sono destinati ad assumere aspetti quasi magici, trasformando poeticamente la realtà squallidamente quotidiana. Infatti, il colonnello

No necesitó abrir la ventana para identificar a diciembre. Lo descubrió en sus propios huesos cuando picaba en la cocina las frutas para el desayuno del gallo. Luego abrió la puerta y la visión del patio confirmó su intuición. Era un patio maravilloso, con la hierba y los árboles y el cuartillo del excusado flotando en la claridad, a un milímetro sobre el nivel del suelo113.



La capacità di osservazione del narratore si unisce a quella di trasformare magicamente le cose. Il ricorso al quotidiano più umile esalta i riti della miseria: così il vestito bianco, non stirato, in occasione del funerale, cui il colonnello partecipa all'inizio del romanzo; la riesumazione del «viejo traje de paño negro que después de su matrimonio sólo usaba en ocasiones especiales»114, custodito   —39→   in fondo a un baule, «envuelto en periódicos y preservado contra la polilla con bolitas de naftalina»115; il vetusto ombrello, che ora serviva solo «para contar las estrellas»116; il senso di fine universale, che la moglie del colonnello condensa nella frase: «Nos estamos pudriendo vivos»117.

García Márquez abbonda nei particolari di una indigenza che ha sempre il marchio della dignità. Il vecchio colonnello diviene in tal modo figura emblematica e indimenticabile, non affonda mai nel ridicolo, e difende nella miseria la propria rispettabilità. Rasatosi «al tacto», per mancanza di specchio, si veste «en silencio»: pantaloni stretti, «cerrados en los bolsillos con lazos corredizos»118, sostenuti da una cintura inesistente, indossa una vecchia camicia «color de cartón antiguo, dura como un cartón», chiusa da un bottone di rame che una volta fissava un colletto posticcio, «Pero el cuello postizo estaba roto, de manera que el coronel renunció a la corbata»119, che del resto è facile immaginare come sarebbe stata. Povertà assoluta, ma nulla di grottesco.

La moglie del colonnello è a sua volta presentata come una instancabile maga:

Sentada entre las begonias del corredor junto a una caja de ropa inservible, hizo otra vez el eterno milagro de sacar prendas nuevas de la nada. Hizo cuellos de mangas y puños de tela de la espalda y remiendos cuadrados, perfectos, aun con retazos de diferentes colores120.



Con la stessa abilità, propria di un mondo contadino mai prospero, la donna compie quello che il colonnello definisce, ogni volta che si siede a tavola, «el milagro de la multiplicación de los panes», perché «Con su asombrosa habilidad para componer, zurcir y remendar, ella parecía haber descubierto la clave para sostener la economía doméstica en el vacío»121.

La miseria mostra la sua faccia inquietante anche attraverso altri elementi: la proliferazione dei pidocchi durante la crisi; il taglio casalingo dei capelli al marito, il quale, «examinándose la cabeza con las manos», per mancanza di specchi nella casa, elogia la moglie esclamando: «Me has quitado veinte años de encima»122.

L'elegia della vita si costruisce in El coronel no tiene quien le escriba su una molteplicità di particolari di segno profondo: sull'angoscioso respiro asmatico della moglie del militare, donna dagli occhi vinti, nei quali si riflettono gli occhi   —40→   stessi del marito123; sul frustrato tentativo del colonnello di vendere l'orologio della sala per sopravvivere alla fame, alla situazione disperata che si denuncia anche nello stato delle scarpe, «unos zapatos del carajo»124, secondo l'espressione di Antonio, cui il vecchio reagisce con dignità offesa: «-Pero se puede decir sin malas palabras -dijo el coronel, y mostró la suela de sus botines de charol-. Estos monstruos tienen cuarenta años y es la primera vez que oyen una mala palabra»125.

La miseria finisce per rendere estranei l'uno all'altro persino i due coniugi: «El coronel comprobó que cuarenta años de vida común, de hambre común, de sufrimientos comunes, no le habían bastado para conocer a su esposa. Sintió que algo había envejecido también en el amor»126. Una nuova sconfitta per entrambi.



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