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Le poche eccezioni sono da ricercare nell'ambito di un teatro di secondo o terzo ordine, fortemente manieristico. In Adolfo di Benítez y Torres (rappr. il 13 Luglio 1838), ambientato nel secolo XVI, il protagonista non ha potuto sposare, perché povero, la figlia del Conte di Rizari, cui rivolge il seguente rimprovero: «¡Tú también me recuerdas que eres hija de un conde...! Tú también pones entre los dos esa diferencia de fortuna...» (I, 13). In situazione analoga si trova Alfonso di Intrigar para morir (di L. González Bravo, rappr. il 20 Agosto 1838) che esclama: «La sociedad labró un abismo entre nosotros» (I, 6).

 

202

Contrariamente a quel che sembrano credere molti studiosi, il Don Álvaro rimase a lungo in cartello: sette giorni quasi consecutivi alla prima rappresentazione (il 22, e dal 24 al 29 marzo del 1835), poi altrettanti nel corso dello stesso anno; sei volte nel 1836; quattro nel 1837 ecc.

 

203

Cfr. G. BOUSSAGOL, Ángel de Saavedra Duc de Rivas, Toulouse, Ed. Privat, 1926, pp. 266 sgg.

 

204

D'altronde lo Schicksalsdrama era per natura legato a problemi di tempo, al punto da identificare, come accade nel celebre Der 24.te Februar di Werner, la fatalità con un preciso ritorno di data.

 

205

Un'anticipazione di questo atteggiamento l'aveva offerta Trigueros, il quale, quando si era trovato a dover rielaborare la scena dell'Estrella de Sevilla in cui Sancho inseguiva allucinazioni, l'aveva sostituita con più naturali meditazioni, sia pure non prive di spunti fantasiosi, del protagonista. Hartzenbusch poi aveva totalmente abolito l'episodio. Cfr., per Lope, III, 8 e, per Trigueros, IV, 3. Si ricordi inoltre che il Macbeth, così ricco di meraviglioso, fu fischiato nel 1838 dal pubblico madrileno.

 

206

Già il recensore dell'Eco del Comercio del 25-5-1835 ironizzava su questo «personaje misterioso, llamado por el viejo Roberto imagen de Satanás, y que nosotros tenemos por algo más que imagen, viéndole hundirse por escotillón y estremecerse al nombre de Angélica».

 

207

J. F. PACHECO, Alfredo, in Literatura, historia y política, cit., p. 91. Al contrario individuava il limite dell'opera nell'essere scritta in prosa. Se fosse stata versificata, diceva, «sería una de las tragedias que quedasen de nuestra época» (ivi).

 

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Qualche anno più tardi, Espronceda, nel dramma Amor venga sus agravios, ambientato nel 1624, oscillando fra la ricostruzione e il distacco ironico, mette in bocca a un personaggio la seguente battuta: «¿Sabéis que es un asunto excelente para una comedia? Una marquesa enamorada de un vasallo suyo, un primo que vuelve de Flandes, un desafío con el amante, de cuyas resultas la triste señora entra monja. ¡Voto va! que es lástima que nuestro don Pedro Calderón no lo tome por su cuenta». Al che replica un altro personaggio: «Sí, pero no acaba en casamiento, y no está de moda acabar ahora las comedias de otra manera» (IV, 1, 1). Ma poco dopo, con più esplicito intento satirico, si accenna a una commedia di successo dal titolo «¿Quién resiste a la mujer? O el incendio de los mares» (V, 1, 1). Al contrario, non si fanno mai riferimenti di questo genere al teatro neoclassico; la battuta del bretoniano Muérete ¡y verás!: «Mientras don Froilán parodia / la tragedia de Quintana» (I, 8) è ironica nei confronti di Froilán, non di Quintana.

 

209

Lo attesta l'autore stesso nelle numerose, scrupolosissime note apposte al dramma. Cfr. al riguardo E. A. PEERS, Hist. del movim., cit., I, p. 451. Si potrebbe forse considerate appartenente al 1837 El Bastardo di García Gutiérrez, che fu pubblicato l'anno successivo. Quest'opera si inserisce realmente in un'interessante serie di rielaborazioni del medesimo tema, i cui antecedenti sono El testimonio vengado di Lope de Vega e Cómo se vengan los nobles di Agustín Moreto; sarà a sua volta seguita da El caballo del rey Don Sancho che Zorrilla farà rappresentare nel 1843. Ma García Gutiérrez -in questo seguito da Zorrilla- come e più di tanti refundidores, si comporta con molta libertà e autonomia nei confronti dei modelli, al punto da eliminare totalmente il motivo del cavallo, che nella tradizione ha un'importanza sostanziale.

 

210

Cfr. la prefazione a Don Jaime el Conquistador, p. 3.